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L’impennata dei rifiuti elettronici nel mondo, balzo del 21% in cinque anni
Secondo il Global e-waste monitor, i rifiuti elettronici globali raggiungeranno i 74 milioni di tonnellate entro il 2030, quasi il doppio rispetto al 2014, alimentati da tassi di consumo più elevati e cicli di vita più brevi. 20/7/20
Un record di 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici prodotti in tutto il mondo nel 2019, con un aumento del 21% in cinque anni. Solo il 17,4% dell’elettronica di scarto è stato raccolto e riciclato, il che significa che una quantità di metalli, come oro, argento e rame, del valore di circa 50 miliardi di euro, una somma superiore al Prodotto interno lordo della maggior parte dei Paesi, durante lo scorso anno è stata completamente sprecata: bruciata, abbandonata o dispersa. Il Global e-waste monitor 2020 delle Nazioni unite, pubblicato recentemente, non ha rilasciato dati confortanti su come l’umanità stia gestendo la produzione dei rifiuti. Le apparecchiature elettriche ed elettroniche sono diventate parte essenziale della nostra vita quotidiana. Tuttavia, dice il Rapporto, il modo in cui produciamo, consumiamo e smaltiamo i rifiuti elettronici è insostenibile e non in linea con gli obiettivi di un’economia circolare.
La transizione verso un mondo più digitale e una società dell'informazione offrono opportunità senza precedenti di sviluppo sostenibile, ricorda il Global e-waste statistics partnership (Gesp), che ha curato la pubblicazione. Allo stesso tempo, contribuiscono alla crescita del consumo globale di apparecchiature elettriche ed elettroniche e, di conseguenza, alla crescente quantità di rifiuti. I numeri confermano che la crescita globale nella produzione di rifiuti elettronici procede senza sosta: è aumentata di 9,2 milioni di tonnellate dal 2014, di cui solo 1,8 sono stati riciclati. Secondo le proiezioni degli analisti, i rifiuti elettronici globali raggiungeranno 74 milioni di tonnellate entro il 2030, quasi il doppio rispetto al 2014. Il forte aumento del consumo di dispositivi elettronici, i brevi cicli di vita dei prodotti e l’obsolescenza programmata rendono i rifiuti elettronici il flusso di rifiuti domestici in più rapida crescita al mondo.
La classifica dei Paesi che producono più rifiuti elettronici è guidata dall'Asia (con circa 25 milioni di tonnellate prodotte nel 2019), seguita dagli Stati Uniti che ne producono circa la metà (13,1) e dall’Europa (12), mentre Africa e Oceania hanno generato rispettivamente 2,9 e 0,7 milioni di tonnellate. È invece l’Europa in cima alla classifica della produzione di rifiuti pro capite: ogni cittadino europeo genera infatti circa 16 chili di rifiuti all’anno. Le statistiche mostrano anche che nel 2019 l’Europa è stato il continente con il più alto tasso di raccolta e riciclaggio (42,5%), l'Asia al secondo posto all'11,7%, le Americhe e l'Oceania rispettivamente al 9,4 e all'8,8% e l'Africa in coda alla classifica (0,9%). D’altronde nei Paesi a basso e medio reddito l’infrastruttura di gestione dei rifiuti non è ancora completamente sviluppata o, in alcuni casi, del tutto assente.
In proporzione, i rifiuti elettronici prodotti l’anno scorso a livello globale pesavano sostanzialmente come 350 navi da crociera delle dimensioni della Queen Mary 2 (nella foto), abbastanza per formare una linea lunga 125 km.
Il dossier ricorda che i rifiuti elettronici contengono al loro interno sostanze nocive non solo per l’ambiente ma anche per l’uomo. Alcune di esse, come il mercurio, sarebbero in grado di alterare il sistema neurologico a seguito di una lunga esposizione. Il Rapporto evidenzia che probabilmente 50 tonnellate di mercurio si trovano in flussi di rifiuti elettronici non documentati, che se rilasciati danneggiano la salute e l'ambiente dei lavoratori. Inoltre, si cita il problema del riscaldamento globale, rilevando che 98 milioni di tonnellate di equivalenti di anidride carbonica sono stati rilasciati nell'atmosfera a causa del riciclaggio non conforme di frigoriferi e condizionatori d'aria.
Dal 2014 ad oggi sono poco meno di 80 i Paesi che hanno adottato una politica nazionale sullo smaltimento dei rifiuti elettronici. Sembrerebbe un numero cospicuo, ma in realtà è ancora molto lontano dagli obiettivi fissati dalla preposta autorità internazionale delle telecomunicazioni. Il Global e-waste monitor, giunto alla terza edizione, nasce come partnership tra il programma Sustainable cycles (Scycle), attualmente ospitato dall’università delle Nazioni unite (Unu) e l’Istituto delle Nazioni unite per la formazione e la ricerca (Unitar), l’International telecommunication union (Itu) e la International solid waste association (Iswa).
di Andrea De Tommasi
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