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Prometeia: aumentare il costo delle emissioni per raggiungere obiettivi al 2030
Il cammino intrapreso dall’Ue è buono, ma non basta. Danimarca, Lituania, Spagna e Portogallo hanno piani ambiziosi sulle rinnovabili, l’Italia avanza sull’efficienza ma indietreggia sulle emissioni. A rischio fondamenta Green Deal. 15/7/20
“Per affrontare i cambiamenti climatici e contenere l'aumento delle temperature occorreranno riduzioni significative delle emissioni globali di gas serra (GHGs) e ingenti investimenti in tutto il mondo”. L’ultimo dicussion note pubblicato a luglio da Prometeia, società internazionale di consulenze con focus sulla gestione dei rischi, presenta una valutazione sui più recenti progressi del Green Deal europeo, stimando l'aumento dei costi energetici che saranno necessari per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni Ue.
L'analisi suggerisce infatti che il raggiungimento degli obiettivi in materia di emissioni richiederà anzitutto un aumento significativo dei costi delle emissioni di carbonio e dei prezzi dell'energia. La società di consulenze afferma inoltre che, oltre a utilizzare le entrate derivanti dalla tariffazione del carbonio per finanziare gli incentivi per investimenti verdi, “il bilancio pubblico dovrebbe intervenire con una politica fiscale espansiva, a sostegno della transizione”.
Per il periodo 2021-2030, la Commissione europea di Ursula von der Leyen ha infatti fissato obiettivi ambiziosi per ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra (del 40% rispetto ai livelli del 1990), portando la quota di energia rinnovabile ad almeno il 32% del consumo totale di energia, ponendosi come obiettivo di raggiungere il 32,5% di miglioramento dell'efficienza energetica, estendendo l'attuale interconnessione elettrica dal 10% al 15% (per favorire la sicurezza dell'approvvigionamento in ciascuno Stato membro), riducendo le emissioni di carbonio delle automobili del 37,5% (rispetto ai livelli del 2021).
“Tutti gli Stati membri devono inoltre adottare piani nazionali integrati per il periodo 2021-2030” ricorda Prometeia. Tra tutti i Paesi, Danimarca, Lituania, Spagna e Portogallo hanno indicato aumenti significativi delle loro quote di energia rinnovabile nei propri piani. Per l'efficienza energetica, gli Stati membri che hanno proposto invece gli obiettivi più alti per il 2030 sono Italia (43%), Lussemburgo (40% - 44%) e Spagna (39,5%) sia per il consumo di energia primaria che per il consumo di energia finale. L'area in cui l'Ue nel suo insieme continua però ad avere più successo è la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
La figura mostra le emissioni totali di GHGs per i Paesi europei nel 2018 e i relativi obiettivi dell'Ue per il 2020 e il 2030. Alcuni Paesi hanno già superato il livello del 15% fissato per il 2030 (Austria, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia), altri puntano al 15% o più entro lo stesso anno (Spagna, Portogallo, Francia, Grecia) mentre altri Paesi indicano livelli inferiori al di sotto dell'obiettivo (ad esempio, l'Italia, con un 10% entro il 2030).
Le emissioni di gas a effetto serra nell'Ue sono diminuite del 21,7% tra il 1990 e il 2017, principalmente a causa del miglioramento dell'efficienza energetica, dell'aumento della quota di produzione di rinnovabili e di una miscela di combustibili fossili a minore intensità di carbonio. In questi ultimi anni, i maggiori contribuenti al decremento delle emissioni sono stati Lituania (-57,3%), Lettonia (-55,7%), Estonia (-48,0%). Germania, Francia e Italia hanno contribuito rispettivamente per il -25,9%, -13,4% e -15,9%. Le riduzioni delle emissioni hanno riguardato la maggior parte dei settori, con la significativa eccezione del trasporto nazionale e internazionale.
Queste tendenze hanno generalmente portato l'Ue sulla buona strada verso il raggiungimento dei suoi obiettivi per il 2020. “Tuttavia, i target per il 2030 richiederanno ulteriori miglioramenti dell'efficienza energetica”.
Resta da vedere, naturalmente, come politiche di questo tipo si svilupperanno in un mondo post-Covid-19 “ad alto debito pubblico” che, senza una rapida attuazione di politiche sistemiche, potrebbe minare le fondamenta del Green Deal europeo, con il rischio di uscire dall'attuale crisi con un'economia ancora più “brown” (ovvero carbon fossile) di prima.
Allo stesso tempo, la recessione innescata dal Covid-19 potrebbe condurre a cambiamenti significativi nella questione climatica, orientando la popolazione mondiale al risparmio energetico. Secondo l'Agenzia internazionale dell'energia (Iea), “la pandemia di Covid-19 ha portato a un forte calo della domanda globale di energia nel primo trimestre del 2020, che si tradurrebbe in una diminuzione di circa il 6% per l'intero anno, il calo più grande mai registrato”. A seguito della riduzione della domanda, i prezzi del petrolio e del gas naturale e le emissioni globali di CO2 sono dunque diminuiti in modo significativo. “Si stima che, se la pandemia verrà contenuta durante l'estate, le emissioni globali per il 2020 diminuiranno di circa il 5%, e di quasi l'8% se persiste durante tutto l'anno”. Nell'Unione Europea, negli Stati Uniti e in Cina, le emissioni potrebbero diminuire, rispettivamente, dell’11%, 9% e 6% nel 2020. Tuttavia, per quanto significative possano essere queste riduzioni, “non si avvicinano in alcun modo alle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera”.
“La riduzione delle emissioni di CO2 riflette la gravità della recessione economica, ma potrebbe dunque essere un'opportunità per accelerare la decarbonizzazione dei sistemi di produzione” si legge nel Rapporto. Tuttavia, l'incertezza macroeconomica potrebbe mantenere bassi i prezzi del petrolio, riducendo gli investimenti verdi e ritardando la graduale eliminazione dei combustibili fossili. “Nel contesto dell'attuale crisi, è importante evitare che l'urgenza di un rilancio dell'attività economica comprometta gli sforzi compiuti per orientare l'economia su un percorso sostenibile”.
di Flavio Natale