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Le nuove tendenze nel commercio globale come vettore per la parità di genere
Secondo un rapporto di Wto e Banca mondiale, i Paesi dovranno incoraggiare l’ingresso delle donne nel commercio, sfruttando le opportunità fornite dall’aumento dei servizi, delle catene globali del valore e dell’economia digitale. 2/9/20
Per uscire dalla crisi è necessario garantire standard molto più elevati di parità di genere. In un quadro complesso che è stato aggravato dagli effetti della pandemia, si deve mettere l’accento sulla necessità che le donne di tutto il mondo ottengano salari più alti e maggiori opportunità di lavoro. È la tesi sostenuta nel nuovo report pubblicato congiuntamente dall'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e dalla Banca mondiale. In questo senso le aziende che si occupano di commercio internazionale rappresentano uno strumento fondamentale per promuovere l’integrazione delle donne nel sistema economico.
La pubblicazione, che si intitola “Women and trade: the role of trade in promoting gender equality”, esamina l'impatto del commercio internazionale sulle donne, siano esse lavoratrici, consumatrici o semplici membri di famiglia. Le statistiche indicano un dato incontrovertibile: il commercio aiuta l’emancipazione economica e sociale delle donne. Le imprese esportatrici impiegano in media il 33% di donne rispetto al 24% di quelle non esportatrici. Inoltre, spiega lo studio, i Paesi che sono più aperti al commercio, come misurato dal rapporto tra commercio e Prodotto interno lordo (Pil), hanno livelli di uguaglianza di genere più elevati.
“Il rapporto esce in un momento opportuno” ha spiegato durante il lancio del documento il direttore generale del Wto Roberto Azevêdo. Ma non basta: “Una recente analisi dell’Organizzazione mondiale del commercio mostra che le donne rischiano di perdere alcuni dei progressi conquistati duramente verso la strada di una maggiore parità di genere a causa di questa crisi economica. Guardando avanti, non ho dubbi che dobbiamo gettare le basi per una ripresa economica forte, sostenibile e inclusiva. Per riuscirci, dobbiamo garantire che le donne possano trarre vantaggio dal commercio ", ha concluso il direttore del Wto.
Già prima dello scoppio della pandemia e del conseguente blocco delle attività commerciali si registrava uno stato di effettiva inferiorità della posizione femminile rispetto a quella degli uomini: infatti, nonostante i molti progressi degli ultimi anni, in tutto il mondo le donne hanno meno posti di lavoro, sono pagate di meno e hanno maggiori probabilità di sperimentare condizioni di lavoro peggiori rispetto agli uomini. A livello globale, meno di una donna su due lavora e solo il 20% occupa un ruolo apicale (nei Paesi a basso e reddito solo il 3% delle lavoratrici ha mansioni qualificate). Ad aggravare la situazione c’è il problema del lavoro nero: nell’area dell’Africa subsahariana circa il 90% delle donne è impiegata in un’occupazione informale. Sebbene nessun Paese imponga apertamente tariffe in base al sesso, i pregiudizi impliciti possono equivalere all’applicazione di "tariffe rosa" che mettono le donne in una posizione di svantaggio economico, sia come produttori che come consumatori.
"Sebbene questa ricerca sia stata condotta prima della pandemia globale, le sue conclusioni sono più rilevanti che mai. Acquisire una migliore comprensione di come le donne sono influenzate dal commercio sarà essenziale man mano che i Paesi si sviluppano e l'economia globale si riprende dalla pandemia” ha spiegato Mari Elka Pangestu, direttrice della politica di sviluppo e dei partenariati della Banca Mondiale.
Per riuscire in questo progetto, il documento illustra diverse strategie che i governi di tutto il mondo potrebbero introdurre per sfruttare l’opportunità fornita dalla ripartenza dopo la pandemia, facendo crescere il ruolo delle donne nel commercio internazionale. Abbassare le barriere tariffarie e non tariffarie sui beni prodotti e consumati in gran parte da donne, incentivare l'ulteriore apertura degli scambi di servizi in favore delle donne commercianti e delle piccole imprese, aiutare le imprenditrici attraverso finanziamenti per migliorarne le competenze tecnologiche, sono solo alcune delle possibili soluzioni per incoraggiare l’ingresso delle donne nel mercato internazionale. Le donne, spiega il report, tendono a spendere una quota maggiore del loro reddito su beni soggetti a tariffe elevate, come il cibo. La rimozione dei dazi all'importazione su questi prodotti comporterebbe per le donne un aumento del reddito reale pari al 2,5% in più rispetto a quello degli uomini.
Di William Valentini