Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Immigrati: non un'emergenza ma un'opportunità, senza di loro Pil inferiore di 124 miliardi

Per il 67% degli italiani l’immigrazione pesa sui servizi pubblici, mentre per il 54% la loro presenza gli “ruba il lavoro”. Eppure il Centro Studi di Confindustria sottolinea, dati alla mano, che senza di loro saremmo tutti molto più poveri.

Contrastare l'invecchiamento demografico, mantenere il sistema di welfare e contribuire al progresso economico: sono almeno tre le principali ragioni per cui l'immigrazione costituisce un'opportunità per i Paesi ospitanti oltre che per i migranti stessi.
Il rapporto elaborato dal Centro Studi di Confidustria nell'ultimo numero di “Scenari economici” offre un quadro completo, dati alla mano, di cosa significhi per i Paesi dalle economie avanzate e per l'Italia l'apporto degli immigrati. Contrariamente a quanto enfatizzato dalle notizie sugli sbarchi e alla percezione comune degli autoctoni, dall'inizio della crisi il flusso migratorio legale ha subito un arresto, mentre è importante, per evitare una contrazione della popolazione italiana come è successo nel 2015 quando, dopo un secolo di ininterrotta crescita, si sono contate 130mila unità in meno, che gli ingressi dei migranti tornino ai livelli pre-crisi.

Si calcola infatti che in Italia a partire dal 2000 la popolazione sarebbe diminuita senza l’arrivo di nuovi immigrati, che oggi rappresentano sul totale dei residenti il 9,7%, avvicinandosi alla media europea del 10,7% e del 14,5% degli Stati Uniti, e che nel 2065 saranno 13,2 milioni, costituendo il 22% della popolazione italiana.
Non sempre però l'impressione comune si basa su elementi razionali, per cui la diffidenza nei confronti dello “straniero” pone spesso le sue fondamenta su credenze non supportate da alcun dato. L’Indagine IPSOS del 2015 ci dice, ad esempio, che il  67% degli italiani pensa che l’immigrazione  stia fortemente pesando sull'erogazione dei servizi pubblici, mentre per il 54% la loro presenza rende più difficile trovare un impiego e solo il 14% crede che il fenomeno migratorio sia un vantaggio per la nostra economia. Eppure il Centro Studi di Confindustria ha stimato che senza il contributo del lavoro straniero il Pil sarebbe di 124 miliardi inferiore e che durante la crisi sarebbe sceso maggiormente.
Inoltre, grazie alla loro giovane età, in media 32,6 anni contro i nostri 44,9, e alla maggiore fecondità, 2,37 figli per donna contro 1,29 nel 2012, gli immigrati ingrossano le file specialmente della popolazione in età lavorativa, che quindi contribuisce al mantenimento del welfare, specialmente delle pensioni.

Ecco perché, concludono Francesca Mazzolari e Luca Paolazzi, autori del rapporto, “Integrare gli immigrati non è solo un  dovere morale o una questione di  equità. Va fatto anche per ragioni di efficienza economica e lungimiranza politica. Se gli stranieri sono ben integrati i vantaggi  che apportano alle economie ospitanti si amplificano e diminuiscono le probabilità di conflitto sociale”.

di Elis Viettone

giovedì 30 giugno 2016

Aderenti