Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
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The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Per raggiungere la parità di genere nei settori della difesa servono 100 anni

Sebbene le donne abbiano un ruolo cruciale per garantire pace e sicurezza internazionale, sono ancora poco rappresentate in queste aree, con forti disuguaglianze tra Paesi, secondo il “#SHEcurity Index”. 28/10/20

Sono passati 20 anni da quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite approvò la Risoluzione numero 1325 su "Donne, pace e sicurezza", la prima a riconoscere esplicitamente l’impatto specifico che la guerra ha sulle donne e a ricordarne anche il contributo nella risoluzione dei conflitti e nella ricerca della pace. Nonostante quella scelta coraggiosa, “ancora troppo spesso i diritti delle donne rimangono non riconosciuti e sottorappresentati sul campo. Sono state scritte risoluzioni, piani d'azione e strategie; le donne si sono battute a gran voce per la partecipazione e le pari opportunità. Ma le cose si muovono troppo lentamente, prevalgono i pregiudizi e persiste la discriminazione strutturale. È giunto il momento di accelerare le cose”. A riguardo, una ricerca specifica si propone di misurare il livello di integrazione delle donne nel settore tradizionalmente più impenetrabile: quello della sicurezza e delle relazioni internazionali, come spiega il sito dedicato alla ricerca.

Il documento “The #SHEcurity Index”, realizzato dalle politiche Hannah Neumann e Leonie Hopgood sulla base di dati forniti dal Servizio ricerca del Parlamento europeo, Un Women, Nato e altri, nasce proprio dall’esigenza di colmare questa lacuna. Hannah Neuman, che firma l’introduzione dello studio e che lavora in questo ambito da 15 anni, afferma: “Più lavoravo nelle regioni di crisi, più mi rendevo conto di come la mancanza di diversità compromettesse la nostra capacità di prendere le migliori decisioni possibili. Le decisioni politiche migliorano, più le persone che le prendono sono diverse (…) Tuttavia, la politica estera e di sicurezza rimane un dominio maschile e la velocità con cui le cose stanno cambiando è terribilmente lenta”. Per questa ragione, il lavoro, oltre a fornire una fotografia delle disparità di genere in questo settore, riporta una stima di quanto tempo impiegheremmo a raggiungere la parità di genere se procedessimo al ritmo attuale.

I dati raccolti rivelano immense disparità riguardo ai progressi compiuti tra i diversi Paesi e nei vari settori della politica della sicurezza. Per esempio, in Europa, da un lato le donne sono sempre più rappresentate nei rispettivi Parlamenti nazionali, ma dall’altro questa rappresentanza non si riflette nella Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo né nella Sottocommissione per la sicurezza e la difesa. Infatti, se ci vorranno 39 anni circa per raggiungere la parità di genere tra gli eletti dei rispettivi Parlamenti nazionali, per arrivare alla parità di genere nei settori della difesa bisognerà attendere circa cento anni. Nel 2019, nei Paesi dell'Ue e degli Stati del G20 solo il 23,3% dei Ministri della difesa erano donne, mentre 24 Stati non avevano mai visto una donna ai vertici della struttura.

 Numeri simili riguardano anche la diplomazia: sempre nel 2019, circa un quarto di tutti i Ministri degli esteri dell'Ue e degli Stati del G20 erano donne. Tuttavia, i numeri erano - e sono - distribuiti in modo molto diseguale. Se infatti negli ultimi 20 anni il Sudafrica ha sempre avuto Ministri degli esteri donne, ben 19 Paesi non hanno mai avuto una donna a capo della diplomazia. Le donne, inoltre, sono solo il 25% circa degli ambasciatori nell'Ue e nel G20, anche se la loro presenza nel corpo diplomatico è in media del 43% circa. Anche in questo caso i dati mostrano chiare differenze. Paesi come Svezia, Estonia e Finlandia hanno praticamente raggiunto la parità di genere tra gli ambasciatori mentre Belgio e la Repubblica Ceca hanno solo il 10% di ambasciatrici. Un problema che rischia di colpire i rapporti e i negoziati internazionali. “Anche se i dati ci dicono che le donne svolgono un ruolo cruciale nei negoziati di pace, non sono ugualmente rappresentate nel campo diplomatico. Secondo le statistiche raccolte dalla ricerca, la maggior parte degli accordi di pace prevedeva lo 0% di donne rappresentate come negoziatori, mentre la mancanza di dati rende impossibile stabilire quanto tempo ci vorrà a raggiungere la parità”.

Grazie alla raccolta di dati della Nato, è possibile costruire una panoramica precisa sulla presenza femminile negli eserciti degli Stati membri. In questo caso, le donne sono in media circa l'11% dei membri delle forze armate. Tuttavia, di nuovo, il numero differisce notevolmente tra Paese e Paese. Per esempio, in Turchia solo 1,2% del personale militare è composto da donne, mentre in Ungheria la percentuale raggiunge il 20%. Non solo: l'aumento medio della presenza femminile nelle forze armate è molto lento. Di conseguenza, per raggiungere la parità di genere nelle forze armate degli Stati membri dell'Ue ci vorranno circa 325 anni, mentre ce ne vorranno circa 465 anni per raggiungerla nei Paesi membri della Nato. Va meglio per quello che riguarda la polizia. La rappresentanza media delle donne nelle forze dell’ordine è del 25%. Sulla base dei progressi registrati negli ultimi anni la parità potrebbe essere raggiunta in 58 anni. Tra tutti i Paesi dell’Unione europea sarà probabilmente la Lituania a raggiungere la parità per prima in questo campo. Secondo le autrici dell’analisi infatti mancano solo nove anni a Vilnius per arrivare al traguardo.

Le analisi relative alle missioni militari e a quelle di peacekeeping, invece, presentano informazioni apparentemente in contrasto tra loro. Se da un lato le missioni di cooperazione civile delle Nazioni unite hanno visto la crescita costante del numero di donne come capo (o vice capo) delegazione, fino a raggiungere l’attuale 48% (il raggiungimento della parità è fissato per il 2024), d'altra parte il numero di donne soldato e di agenti femminili della polizia nelle missioni delle Nazioni unite si avvicina notevolmente alle medie nazionali, con il 15,4% nella polizia e solo il 4,8% nell'esercito. Sulla base di ciò, lo studio calcola che le missioni delle Nazioni unite impiegheranno rispettivamente 54 (polizia) e 167 (militari) anni per ottenere la parità di genere in questo campo.

 La presenza femminile è sottorappresentata anche nell’industria degli armamenti. In Germania solo il 6% dei consigli di amministrazione delle imprese produttrici di armi è costituito da donne, anche se la cifra raggiunge il 23% negli Stati Uniti. Questi numeri sono solo alcuni esempi di quanto sia diseguale e lento il progredire verso la parità di genere anche nei settori della politica estera e di sicurezza, spiegano gli autori. “Una cosa, però, dovrebbe essere chiara: aspettare un altro secolo per raggiungere la parità di genere è inaccettabile”.

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Di William Valentini

 

mercoledì 28 ottobre 2020

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