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WeWorld Index 2020: aumentano i Paesi non inclusivi per donne e bambini
Per gli effetti della pandemia, la violenza contro le donne è aumentata del 25% e 11 milioni di ragazze potrebbero non tornare a scuola dopo la fine dell’emergenza. Il divario digitale pesa sulla didattica a distanza. 19/11/20
Da cinquant’anni WeWorld difende i diritti di donne e bambini in 27 Paesi del mondo. Attraverso il suo rapporto annuale, l’organizzazione misura il livello di inclusione di donne e bambini in 172 Paesi a livello globale attraverso 34 indicatori raggruppati in 17 dimensioni. L'edizione 2020 del WeWorld Index, pubblicato il 17 novembre, introduce tre nuovi indicatori riguardanti gli effetti del Covid-19 e mostra che la pandemia ha portato a una limitazione dei diritti fondamentali per donne e bambini nel mondo rispetto agli anni precedenti, nonché a un forte impatto negativo sull’accesso all’istruzione generalizzato in tutti i Paesi.
È ancora troppo presto per valutare con precisione gli effetti del Covid-19, ma il Rapporto evidenzia l'elevato rischio che, a lungo termine, l'impatto negativo sia più pesante per quei Paesi che occupano le posizioni più basse della classifica. Senza adeguate risorse per affrontare gli effetti della pandemia, questi Paesi rischiano di veder ampliare il divario con i primi della graduatoria, aumentando ancor di più le disuguaglianze. In 110 Paesi, sottolinea il Rapporto, donne e bambini stanno subendo forme di esclusione. Nel 2020 i Paesi con un livello di inclusione non sufficiente sono aumentati del 5% e, se questo trend rimarrà costante, entro il 2030 altri 26 Paesi non saranno in grado di assicurare sufficienti livelli inclusione per donne e bambini.
La Norvegia guida la classifica seguita da Finlandia, Islanda e Svezia. L’Italia occupa la 29esima posizione. In generale i Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, assieme a Nuova Zelanda, Canada e Australia, occupano le posizioni più alte. Tutti i Paesi africani nella zona del Sahel, più Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Yemen e Afghanistan, occupano le ultime posizioni. All'ultimo posto c'è il Sud Sudan, preceduto da Ciad e Repubblica Centrafricana. L’impatto della pandemia, continua il Rapporto, ha creato enormi tensioni in molti Paesi e ampliato le disuguaglianze in diversi ambiti: con la didattica a distanza il traffico online è triplicato, ciò nonostante solo il 55% delle famiglie a livello globale ha accesso a una connessione internet stabile (percentuale che scende al 19% nei Paesi meno sviluppati); dopo la crisi più di 11 milioni di bambine potrebbero non rientrare a scuola, fattore che aumenterebbe il rischio di gravidanza precoce, abusi e matrimonio forzato; entro la fine del 2020 ci saranno 117 milioni di bambini in più che vivranno in condizioni di povertà estrema.
Quattro le aree di intervento analizzate: salute, educazione, economia e società. L’educazione di bambini e adolescenti è tra quelle più colpite dalla pandemia. I bambini e le bambine delle aree rurali hanno più del doppio della probabilità di non frequentare la scuola primaria rispetto ai coetanei che vivono nei centri urbani. Nelle zone del mondo colpite da conflitti armati, 27 milioni di bambini sono costretti a non andare a scuola. Più in generale, sottolinea l’Indice, l’educazione dei bambini e delle bambine ha subito una straordinaria interruzione in tutto il mondo, con la maggior parte dei Paesi che ha imposto la chiusura delle scuole. Nonostante l’apprendimento a distanza, molti studenti faticano a frequentare le lezioni online.
Per favorire l’inclusione di donne e bambini, conclude il WeWorld Index, è necessario garantirne i diritti attraverso la valorizzazione e lo sviluppo delle loro capacità in maniera congiunta e simultanea. Il diritto all'educazione, ad esempio, è un diritto umano riconosciuto ed è ampiamente dimostrato che una donna istruita investe nell’educazione dei suoi figli più di una donna non istruita. Nel tempo questo comportamento ha effetti positivi sui bambini, che a loro volta saranno più determinati a frequentare la scuola, investire sulla propria formazione acquisendo competenze utili. Allo stesso tempo, l’istruzione ha effetti positivi sull'autodeterminazione delle donne, consentendo loro di esercitare il diritto al lavoro e alla realizzazione personale. Un ruolo più attivo delle donne nella società consente di scardinare i modelli patriarcali, sia nella sfera privata che in quella pubblica. L’approccio basato sui diritti umani, conclude il report, è un processo che deve essere messo in atto dalla società nel suo insieme, attraverso “uno sforzo congiunto tra i titolari dei diritti e i portatori di doveri”, coinvolgendo l’intera comunità.
di Tommaso Tautonico