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Inquinamento atmosferico, Pm10: il 2020 peggio del 2019 nonostante il lockdown
L’anteprima dello studio del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente rileva: in Italia 405 stazioni di monitoraggio su 534 hanno sforato il limite di Pm 10 consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità. 2/2/21
Il lockdown non frena l’inquinamento atmosferico e, anzi, per quanto riguarda il Pm10, lo scorso anno la situazione italiana è addirittura peggiorata. A renderlo noto l’ultimo studio sull’argomento dell’Snpa, il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, che ha rilasciato in anteprima i dati contenuti nella relazione che analizza i superamenti del limite giornaliero di questo particolare inquinante, tra il 2015 e il 2020.
Inquinamento atmosferico, Pm10 e soglie limite
Il Pm10 è uno degli agenti inquinanti che formano quello che comunemente viene definito “smog”. Concorrono infatti all’inquinamento atmosferico molti altri fattori, come Pm2.5, ozono e biossido di azoto. Quando parliamo di Pm ci riferiamo a una serie di polveri fini dannose per la salute umana, a cui molti studi associano sia un aumento di malattie (perlopiù cardiache e respiratorie) e sia di morti premature. I soggetti maggiormente vulnerabili agli effetti nocivi associati al Pm sono anziani e bambini, anche se l’intera popolazione è messa a rischio in seguito a lunghe esposizioni.
Come detto, l’analisi Snpa questa volta si concentra sul Pm10. Per comprendere al meglio lo studio bisogna però fare una piccola distinzione tra soglia limite legale e soglia limite consigliata dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. Entrambe prevedono di non sforare una concentrazione pari a 50 μg/m3 (microgrammi su metro cubo) di Pm10 ma, mentre per la prima il limite è di 35 volte nel corso di un anno, la seconda invece consiglia di non andare oltre le tre volte l‘anno.
Alla luce di questa distinzione, secondo i dati registrati dalle 534 stazioni di monitoraggio sparse lungo l’intera Penisola, il limite legale nel nostro Paese è stato superato nel 29% dei casi (155 stazioni, presenti soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia), quello consigliato dall’Oms per ben il 75,8% dei casi (405 stazioni, in pratica in tutte le zone d’Italia a eccezione della provincia autonoma di Bolzano).
Più Pm10 nel 2020 che nel 2019
Per quanto riguarda i limiti di legge, l’analisi Snpa ci mostra un qualcosa che forse nessuno si attendeva, e cioè che il 2020 è stato peggiore del 2019 nonostante il lockdown. A fronte delle 155 stazioni che hanno sforato nel 2020, nel 2019 se ne contavano “solo” 115 (il 22% del totale). Ma quali sono i fattori che hanno inciso da un anno all’altro? Da una prima lettura, elemento che ha determinato la differenza è stata la piovosità, che sappiamo “pulire l’aria”, maggiore nel 2019 rispetto al 2020. Il lockdown non è stato dunque in grado di compensare una condizione meteo meno favorevole nel disperdere l’inquinamento atmosferico, “sia perché ha avuto luogo in un periodo dell’anno in cui le concentrazioni di Pm10 sono già di per sé poco elevate, sia perché i suoi effetti sul Pm10 sono stati relativamente contenuti, rispetto a quelli invece verificatisi per il biossido di azoto” (quest’ultimo prodotto nella stragrande maggioranza dei casi dalle auto, in particolare quelle diesel), si legge nel documento sul sito Snpa.
Snpa per una completa sicurezza dell’analisi ricorda che però occorre “attendere le necessarie verifiche per confermare questa possibile spiegazione” ma che, di norma, “i mesi invernali sono quelli dove è più frequente il superamento della soglia di 50 microgrammi al metro cubo. Gli sforamenti si verificano spesso nei giorni di stagnazione atmosferica (caratterizzati da ventilazione scarsa, alta pressione, bassa temperatura, assenza di precipitazioni, condizioni che favoriscono l’aumento della concentrazione di polveri nell’aria) particolarmente frequenti nel bacino padano, nelle zone pianeggianti dell’entroterra, nelle valli subalpine e sub appenniniche”.
Infine, ricordiamo che sul Pm10 è arrivata nei mesi scorsi una prima decisione della Corte di giustizia europea che recita: “l’Italia ha sforato in maniera sistematica e continuata i limiti di Pm10 nel periodo 2008-2017”, e “non ha adottato, in tempo utile, misure adeguate per garantire il rispetto dei limiti regolati dalle norme Ue sull'inquinamento dell'aria”.
di Ivan Manzo