Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Il prezzo del carbonio è troppo basso per accelerare la transizione energetica

Il 55% delle emissioni climalteranti nei Paesi Ocse non è coperto da tassazione ed esistono ancora troppi incentivi per l’uso dei combustibili fossili. Le proposte dello studio Ocse - Fmi rivolto a membri del G20 e Banche centrali.  23/04/21

Il prezzo di mercato del carbonio è lontano dalla quota necessaria che servirebbe per guidare la transizione e per rendere efficace ed efficiente la lotta al cambiamento climatico. È la conclusione dello studio “Tax policy and climate change: Imf/Oecd report for the G20”, pubblicato il 7 aprile e frutto del lavoro congiunto tra Fondo monetario internazionale (Fmi) e Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Il Rapporto, oltre a fare il punto sul prezzo del carbonio, suggerisce una serie riforme da attuare ai Paesi Ocse per rendere questo meccanismo di “carbon pricing” uno strumento di politica economica utile, e necessario, per il raggiungimento dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi (limitare l’aumento medio della temperatura globale entro i 2°C rispetto ai livelli dell’epoca preindustriale, facendo il possibile per restare al di sotto di 1.5°C).

Indirizzato ai ministri delle Finanze del G20, summit tra le maggiori economie del mondo guidato per la prima volta dall’Italia, e ai governatori delle Banche centrali, lo studio evidenzia come attualmente il 55% delle emissioni di CO2 derivanti dall’uso dell’energia sia nell’Ocse privo di prezzo, cioè non coperto da nessun tipo di tassazione, come per esempio carbon tax ed emission trading system. Inoltre, il basso prezzo pagato per la tonnellata di carbonio emessa dalle industrie e dal settore elettrico è ancora meno efficace se pensiamo che, di fianco, esistono misure di sostegno all’uso dei combustibili fossili e di tecnologie poco “pulite”.

“Per rendere coerente il prezzo del carbonio agli impegni di riduzione delle emissioni che i Paesi hanno presentato a Parigi (gli Ndcs che, ricordiamo, se rispettati comunque ci consegneranno un mondo più caldo di almeno 3°C entro fine secolo, ndr)”, si legge nel Rapporto, “il prezzo del carbonio dovrebbe oscillare tra i 25 e i 75 dollari per tonnellata di CO2 prodotta. Sebbene attribuire un prezzo al carbonio sia uno strumento efficace per combattere la crisi climatica, è necessario che venga affiancato anche da un pacchetto completo di misure legate alla strategia di mitigazione”.

Tra le misure che il lavoro suggerisce, rientrano il sostegno degli investimenti pubblici, l’uso produttivo ed equo delle entrate derivanti dal prezzo del carbonio, e quelle relative alla giusta transizione. La difficile diffusione di strumenti economici che attribuiscono un prezzo efficiente al carbonio nel mondo è poi legata a una serie di “preoccupazioni di competitività”. È il caso del cosiddetto “carbon leakage”, che si verifica quando si trasferisce da una zona all’altra del mondo un’attività produttiva, in modo da evitare l’imposizione di una tassa sul carbonio, andando così incontro a politiche climatiche “meno rigide”.

Per questo motivo, lo studio suggerisce innanzitutto una piena collaborazione tra i membri del G20 su questo tema, per cercare di trovare un accordo globale che non consenta di sfuggire dai meccanismi di carbon pricing, e inoltre propone: la condivisione di nuove metriche per misurare le impronte di carbonio dei Paesi; l’aggiornamento continuo dei prezzi del carbonio in base agli obiettivi climatici; l’analisi dei potenziali impatti economici e climatici delle importazioni e delle esportazioni; la valutazione di quanto può incidere una variazione dei prezzi dell’energia sulle aziende e sulle famiglie.

In sostanza, dare un prezzo al carbonio può incidere in modo significativo sul benessere della collettività e consente di spostare l’onere da chi effettivamente lo subisce, il cittadino, a chi lo produce, l’azienda e il settore energetico. Le entrate generate da questo tipo di tassazione possono essere poi utilizzate per promuovere lo sviluppo sostenibile, ridurre la tassazione sul lavoro, redistribuire la ricchezza, investire in ricerca e sviluppo, promuovere un reddito minimo garantito e migliorare il settore della sanità pubblica.

di Ivan Manzo

 

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venerdì 23 aprile 2021

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