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Luci e ombre del decreto legislativo sulla comunicazione non finanziaria
Analisi del testo che vincola i grandi gruppi a fornire informazioni per valutare l’impatto dell’attività d’impresa rispetto ai temi ambientali, sociali, relativi al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva.
Il Consiglio dei Ministri del 4 ottobre ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo che recepisce nell’ordinamento italiano la direttiva 2014/95/UE sulla comunicazione di informazioni non finanziarie da parte alcuni gruppi di grandi dimensioni.
Il testo è stato inviato in Parlamento dove sarà esaminato congiuntamente dalle Commissioni Giustizia e Finanze ed in contemporanea alla Camera ed al Senato per l’espressione del previsto parere che dovrà essere dato entro il 15 novembre, mentre il termine del recepimento della direttiva europea è il 6 dicembre.
Il provvedimento rappresenta un tentativo virtuoso, dal punto di vista metodologico, realizzato dal Ministero dell’Economia di coinvolgere in maniera trasparente i vari stakeholder che hanno avuto la possibilità di presentare le loro posizioni in due occasioni, la prima su un documento di consultazione predisposto dal Ministero stesso e la seconda a fine estate su una bozza di decreto.
È emersa da subito la necessità di contemperare le esigenze di trasparenza e di informazione del pubblico senza aggravare di costi ed adempimenti aggiuntivi le imprese. In questo senso va letta la decisione di applicare gli obblighi informativi solamente agli enti di interesse pubblico come definiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio n.39 e cioè le società quotate, banche ed assicurazioni, con due connotati specifici, almeno 500 dipendenti e delle due l’una, un fatturato pari a 20 milioni o un attivo patrimoniale pari a 40. Tuttavia tale decisione, che rispetta puntualmente il testo della direttiva, risulta francamente poco comprensibile dal momento che vengono esclusi dall’ambito di applicazione numerosi gruppi che, pur non essendo quotati, dovrebbero avere obblighi informativi nei confronti del pubblico. Basti pensare solamente alle public utilities o ad alcune aziende del comparto alimentare, della grande distribuzione o società che partecipano ad appalti pubblici (magari fissando una soglia per gli appalti) o che percepiscono finanziamenti pubblici.
Entrando nel merito del contenuto il legislatore nazionale impone la comunicazione di informazioni che permettano di comprendere l’attività di impresa, il suo andamento, i suoi risultati e l’impatto prodotto rispetto ai temi ambientali, sociali, relativi al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva ed in questo senso ci si trova pienamente in linea con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
Dove invece è molto apprezzabile la modalità di recepimento è la parte riguardante l’introduzione di un articolo sulla disciplina sanzionatoria per i trasgressori che invece era assente nel testo originale della direttiva 2014/95/UE, così come approvato in sede comunitaria. Gli amministratori pertanto sono responsabili per mancato deposito, non conformità, falsa comunicazione ed omissione nel verificare l’avvenuta predisposizione della dichiarazione di carattere non finanziario. Alla Consob è affidato il compito di accertare ed irrogare eventuali sanzioni pecuniarie il cui ammontare, stabilito per legge, varia dai 20 mila ai 150 mila euro a seconda dei casi.
È parimenti condivisibile il richiamo al Codice Civile contenuto nel comma 9 dell’articolo 3, secondo il quale i soggetti che attuano la comunicazione non finanziaria includendola, come parte integrante, nella relazione sulla gestione, hanno assolto agli obblighi previsti dal Codice limitatamente alle informazioni di carattere non finanziario.
A questo punto non resta che vedere come si svilupperà la discussione parlamentare per capire se il testo potrà venire ulteriormente migliorato. Sarebbe auspicabile che anche il Parlamento, come già fatto dal Governo, permettesse agli stakeholder di partecipare al dibattito con un breve ciclo di audizioni.
di Luigi Ferrata