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Troppi bambini italiani sono sovrappeso, Italia agli ultimi posti per obesità infantile
Uno studio di “The Lancet” confronta i progressi nel perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile legati alla salute in 188 Paesi. L’Italia non si colloca bene per obesità infantile, fumo, violenza domestica e morti da disastri naturali.
I risultati del Global Burden of Disease Study, pubblicati in settembre su The Lancet, sono il lavoro di un gruppo di ricerca internazionale a cui ha collaborato anche l’Istituto materno infantile Burlo Garofolo di Trieste.
“Con questo studio abbiamo misurato i progressi raggiunti da 188 paesi nel perseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile connessi alla salute, sulla base di una serie di indicatori che misurano l'efficienza del sistema sanitario, diversi fattori di rischio, la prevalenza di malattie”, spiega Luca Ronfani, responsabile della struttura di epidemiologia clinica del centro.
Lo studio, che ha visto la partecipazione di oltre 1800 ricercatori ed è stata coordinata dall'Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell'Università di Washington, ha evidenziato come molti Paesi faticano a contrastare l’obesità infantile, a ridurre la diffusione di malattie infettive come HIV o tubercolosi e a porre fine alla violenza contro le donne tra le mura domestiche.
Dalla ricerca emerge che Islanda, Singapore e Svezia sono i Paesi più virtuosi, seguiti da Andorra, Regno Unito, Finlandia, Spagna, Paesi Bassi, Canada e Australia, primi dieci classificati. L’Italia è in ventesima posizione, appena dietro alla Svizzera. All’ultimo posto si trova la Repubblica Centrafricana.
Lorenzo Monasta e Luca Ronfani, dell’IRCCS Burlo Garofolo, affermano che “il confronto con il Regno Unito, che si colloca al 5° posto, e l’Islanda –in cima alla classifica-, può aiutare l’Italia a comprendere in quali aree vi sono maggiori margini di miglioramento”.
Confrontando i dati italiani sia con quelli del Regno Unito che dell’Islanda, “l’Italia ottiene risultati peggiori negli indicatori di: sovrappeso in bambini di 2-4 anni (per cui si colloca 171° su 188 Paesi), fumo, violenza domestica, disastri (tasso di mortalità causato da eventi naturali)”.
Sempre sulle problematiche di salute infantile (tema che si ritrova negli obiettivi di sviluppo) e dopo due anni di lavoro, il 25 gennaio di quest’anno la Commissione di ECHO delle Nazioni Unite che lavora per ridurre l’obesità infantile a livello mondiale (the Commission on Ending Childhood Obesity) ha presentato il rapporto finale, dove si evidenzia la necessità di un impegno comune per implementare misure mirate in particolare a ridurre sovrappeso e obesità nella popolazione giovane (e non solo).
Dal rapporto emerge come le cause principali di disagi legati alla salute siano collegati sia a fattori biologici che al contesto (familiare, comunitario, culturale e della società) in cui vivono i ragazzi, parte di popolazione più colpita. Globalizzazione, urbanizzazione, e cibi malsani sono alcune tra le cause di contesto. Ma sovrappeso e obesità tra bambini (secondo lo studio delle Nazioni Unite la percentuale di bambini in sovrappeso sotto ai 5 anni è aumentata dal 4.8% al 6.1% nel periodo 1990-2014) non sono problemi a sé: si riscontrano infatti conseguenze nella qualità della vita e sotto aspetti fisici, psicologici e legati alla salute e all’educazione.
Per la Commissione è perciò fondamentale valutare proposte per far fronte a questi problemi, promuovendo cibi e bevande più sani e riducendo il consumo dei cosiddetti “cibi spazzatura”, favorendo attività fisica, dieta equilibrata e sonno tranquillo di bambini e adolescenti, e rivolgendo più attenzione alla salute della donna, prima e durante la gravidanza, in una visione integrata e sistemica del problema.
di Chiara Alberti