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Dai nuovi modelli di certificazione delle capacità all’aumento dei corsi universitari sulla sostenibilità: qualcosa si sta muovendo, sulla spinta dell’Ue, per rispondere al mercato del lavoro, ma anche alle sfide del nostro tempo.
I giovani di oggi, protagonisti del domani, hanno bisogno delle competenze sulla sostenibilità. Dovranno avere una visione integrata e la capacità di rispettare ciò che li circonda, per poter gestire adeguatamente le sfide future. L’istituzione scolastica sta cominciando a rendersene conto.
È di poche settimane fa, infatti, la pubblicazione da parte del ministero dell’Istruzione e del merito del decreto ministeriale sui nuovi modelli di certificazione delle competenze che, per la prima volta, includono l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Al termine del primo ciclo di studi e del ciclo di istruzione obbligatoria, nonché in uscita dai percorsi di istruzione degli adulti, tra le competenze acquisite ci dovranno necessariamente essere quelle di cittadinanza, tra cui lo sviluppo di “comportamenti e atteggiamenti rispettosi dell’ambiente, dei beni comuni, della sostenibilità ambientale, economica, sociale, coerentemente con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.
Così studentesse e studenti non solo saranno formati alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile, ma saranno anche valutati in base alle loro conoscenze su questi temi. Un tipo di competenze che oggi anche il mondo del lavoro e le imprese sanno essere una priorità.
Ma proviamo a riavvolgere un attimo il nastro e a ripercorrere rapidamente la storia. Una storia iniziata a livello globale con la firma nel 2015 dell’Agenda 2030 dell’Onu, in particolare con il Target 4.7 “Entro il 2030, assicurarsi che tutti i discenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l'educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l’uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile”. A livello nazionale, è cominciata concretamente nel 2016, su spinta dell’ASviS, con l’impegno dell’allora Ministero dell’Istruzione di rendere obbligatoria la formazione per i docenti neoassunti sulla cittadinanza globale e lo sviluppo sostenibile. A partire dal 2017, con il concorso “Facciamo 17 Goal”, migliaia di scuole di ogni ordine e grado sono state sensibilizzate su questi temi. Dal 2020, con l’introduzione dell’educazione civica, l’Agenda 2030 e i suoi 17 Obiettivi sono entrati nelle scuole e nei programmi ministeriali. Un’evoluzione accompagnata dal mondo dell’editoria scolastica, che ha adeguato la propria offerta bibliografica, e dalla produzione di numerosi e innovativi materiali messi a disposizione dei docenti (tra questi anche quelli dell’ASviS, dai corsi e-learning ai video e webinar formativi, da un kit didattico al libro “Un mondo sostenibile in 100 foto” e a un Quaderno interamente dedicato al Target 4.7, ricco di analisi, proposte e strumenti operativi). Un lungo percorso che ha portato oggi il 58% degli studenti ad avere una buona conoscenza della sostenibilità, come riportato dal Rapporto ASviS 2023, che ora con il nuovo decreto sarà giudicata in termini di competenze.
Un tema, quello delle competenze, su cui l’Italia è indietro per poter affrontare adeguatamente il mondo del lavoro. “Viviamo in un’epoca di grande trasformazione e siamo impreparati ad affrontare le complessità”, ha detto Patrizia Lombardi, presidente della Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus), durante l’evento del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023 dedicato alle competenze, ricordando che l’Italia è ultima in Europa in termini di mismatch, ovvero di disallineamento tra quanto è richiesto dal mercato del lavoro e quanto è effettivamente presente nel mercato.
Le competenze di sostenibilità sono tra le più ricercate. Secondo il Rapporto GreenItaly 2023, nel 2022 le competenze green sono state ritenute necessarie nell'81% dei contratti previsti nel mercato del lavoro e il 35% dei contratti totali attivati nell'anno sono stati green job. Ma a fronte della grande richiesta di queste professioni, l’offerta stenta a rispondere a causa della carenza di competenze. Tra le professioni più ricercate, secondo un articolo del Sole24ore, “ci sono manager della sostenibilità, dell’innovazione, della supply chain, delle Human Resource con focus su inclusione e parità di genere, dell’economia circolare, senza tralasciare i green lawyer”. A questo si aggiunge il grande tema dell’Intelligenza artificiale che, come racconta Odile Robotti (Learning Edge) nel video di “C’è futuro e futuro” dal titolo “Non è l'intelligenza artificiale a rubare il tuo lavoro ma chi la sa usare”, in Europa e Stati Uniti l’impatto interesserà il 75% dei lavori: il 25% sarà sostituito dall’AI, ma il restante 50% vedrà essere umano e algoritmo lavorare insieme. Oltre alla formazione dei futuri lavoratori sulle nuove competenze, dunque, è cruciale anche l’aggiornamento professionale per una riconversione delle competenze. Un tema che l’ASviS ha approfondito alcuni mesi fa anche a Ecomondo, in un evento dal titolo “Competenze a prova di futuro”.
L’importanza delle competenze per comprendere e risolvere le crisi del nostro tempo è stata evidenziata molto chiaramente dall’Unione europea che, oltre ad aver definito il 2023 anno europeo delle competenze, ha sviluppato a gennaio 2022 il GreenComp, un vero e proprio quadro di riferimento per la formazione orientata alla transizione ecologica. Il quadro comprende 12 competenze che vanno dall’acquisizione dei valori allo sviluppo del pensiero critico e sistemico, dall’alfabetizzazione sul futuro alla capacità di agire per il cambiamento.
Anche se l’Italia è indietro, non vuol dire che siamo fermi. L’alta formazione ha raccolto seriamente questa sfida, come racconta la crescita esponenziale di corsi universitari dedicati ai diversi aspetti della sostenibilità. Secondo una ricerca dell’Inapp (l’Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche), negli anni accademici 2021-22 e 2022-23 sono stati censiti complessivamente 349 interventi formativi su questi temi, erogati da 98 atenei italiani. Anche i territori si stanno attivando in questa direzione. Basti pensare che la Regione Emilia-Romagna, nel 2023, ha presentato un programma di lavoro per dare concretezza all’anno europeo delle competenze che prevede un investimento di oltre un miliardo di euro per il periodo 2021-2027.
Investire sulla formazione dei giovani vuol dire orientarli ai fabbisogni del mondo del lavoro, in modo da ridurre anche la precarietà e l’incertezza che li induce a guardare all’estero, con ripercussioni sulla crisi demografica italiana (come ho spiegato qualche settimana fa). Diviene uno strumento, dunque, per ridurre il ritardo accumulato dalle nuove generazioni, rispetto alle precedenti, nel raggiungimento della propria indipendenza economica. Un tema che FUTURAnetwork ha approfondito attraverso un focus sulle distanze generazionali, che sollecita diverse domande: come intervenire sulle fratture tra generazioni? Come scardinare la trasmissione intergenerazionale della povertà, un fenomeno più intenso nel nostro Paese che nella maggior parte degli altri Paesi Ue? Come possono interagire persone con visioni, abitudini e strutture mentali diverse? E come misurare le differenze generazionali?
Il tema della giustizia intergenerazionale sarà al centro delle attività dell’ASviS della prossima settimana: ne parleremo all’evento di giovedì 22 febbraio, in occasione dell’anniversario della modifica Costituzionale sulla tutela dell’ambiente “anche nell’interesse dele future generazioni”; sarà il cuore del nuovo Policy brief ASviS, che sarà presentato il 22 stesso, dedicato alla partecipazione giovanile democratica; cominceremo a discuterne lunedì 19 alla trasmissione su Radio Radicale “Alta sostenibilità”.
Tra le proposte ASviS per passare dalla modifica costituzionale alla pratica ci sarà anche lo youth test, ovvero la valutazione dell’impatto delle politiche sui giovani, un impegno che l’Ue ha già assunto. La Commissione europea, infatti, ha in programma un ampio pacchetto di iniziative per favorire la partecipazione sociale e politica dei giovani e rispondere alle loro preoccupazioni e, in vista delle elezioni europee, ha organizzato dal 12 al 19 aprile la Settimana europea della gioventù 2024 incentrata sulla partecipazione democratica. Dedicare tempo ed energia ai giovani non è solo un beneficio per loro, ma una ricchezza per tutto il Paese, come ci ha ricordato la Commissione europea in una recente Comunicazione:
La portata delle sfide che dobbiamo affrontare oggi richiede l'impegno di tutti. Per sostenere la democrazia, garantire la pace, mantenere saldi i valori europei e sfruttare al meglio le transizioni verdi e digitali, abbiamo bisogno della creatività, dell'energia e dei diversi talenti di tutti i cittadini, soprattutto dei giovani.