Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Archivio editoriali

QUESTA SETTIMANA: Le difficili transizioni che la pandemia sta accelerando

Molti comportamenti non ritorneranno al passato. È una buona notizia per lo sviluppo sostenibile, ma alcune categorie rischiano di pagare un prezzo pesante. Per evitarlo occorre una politica capace di guardare avanti. 3/7/20

di Donato Speroni

 

Il desolante servizio sui negozi in fallimento nel centro direzionale di Napoli, diffuso con la prima puntata della nuova serie di “In onda” su La 7, fornisce un drammatico riscontro, da una città più fragile, all’appello del sindaco di Milano Giuseppe Sala: bisogna tornare a popolare gli uffici, altrimenti le città muoiono. Negli Stati Uniti il processo di abbandono dei centri cittadini da parte dei benestanti che possono permettersi di lavorare da casa era già cominciato prima della pandemia, come abbiamo già segnalato. Il Covid-19 lo ha accelerato, mettendo in crisi anche i grandi centri commerciali per l’esplosione degli acquisti online. Le preoccupazioni di Sala si comprendono: ogni giorno in tempi normali, almeno 800mila persone (dati Istat del 2011) vanno ad aggiungersi alla popolazione di Milano (1,3 milioni). I servizi della città sono strutturati su questa dimensione e, soprattutto nelle zone del centro storico, sarebbero inevitabilmente condannati senza questo afflusso.

Eppure, indietro non si tornerà e per molti versi è un bene che sia così. Come ha scritto Leslie Kaufman su Bloomberg Green, con un occhio agli Usa ma con considerazioni che si possono applicare anche da noi.

È evidente che il lavoro a distanza ha ridotto le emissioni di carbonio, ma anche che questo cambiamento non continuerà per sempre perché molti uffici in tutto il mondo stanno cominciando a riaprire. Tuttavia, diverse società non ritorneranno alla normalità e invece implementeranno politiche di ‘lavoro da dovunque’. Questa differenza rimarrà dopo la ritirata della pandemia ed è uno degli aspetti positivi di questa catastrofe sanitaria. Il lavoro a distanza abbatte l’inquinamento dell’aria, riduce i consumi di carta e plastica degli utilizzi monouso e molti altri comportamenti negativi per l’ambiente che derivano dalla normale routine lavorativa. I trasporti prima del Coronavirus contribuivano per circa un quarto al totale delle emissioni. Il carbonio emesso degli Stati Uniti è diminuito del 15% nel periodo da marzo a giugno. Ma questa è solo una parte della storia. La gente che lavora da casa sviluppa le sue capacità di vivere in modo sostenibile. Nei 90 giorni dall’inizio della pandemia, Google ha riscontrato un aumento delle 4.550% delle ricerche su “Come vivere in modo sostenibile”. La gente ha cominciato a interessarsi con maggiore attenzione all’energia verde e al proprio carbon footprint. E quando la gente comincia ad adottare comportamenti più sostenibili, spesso poi li mantiene. Un’indagine sui genitori che lavorano, a cura di Bright Horizon,s ha segnalato che solo il 13% voleva ritornare alla vita lavorativa di prima.

Anche l’Economist arriva a conclusioni analoghe.

È sorprendente come ci siamo adattati rapidamente. Questo giornale è stato scritto, editato e prodotto dai divani e dai tavoli di cucina. Gennaio e febbraio sembrano ormai un’era antica, l’epoca BC (Before Coronavirus) sostituita dalla nuova era AD (After Domestication). Il cambiamento è paragonabile alle grandi trasformazioni dei posti di lavoro nei secoli 19º e 20º. Twitter ha già dichiarato che tutti i suoi dipendenti saranno autorizzati a lavorare permanentemente da casa e Facebook prevede che metà del suo staff lo farà entro un decennio.

Con un occhio a questi cambiamenti, l’architetto Stefano Boeri, nel suo intervento al convegno dell’ASviS ripreso integralmente da Futura network, ha ipotizzato una città di nuovo tipo, policentrica, integrata anche con i borghi delle aree interne e con la natura circostante: un modello affascinante ma molto lontano dalle attuali aree metropolitane.

Parafrasando Jonny Stecchino, il famoso personaggio del film di Roberto Benigni, la Rassegna stampa del Corriere della Sera scrive ironicamente che “la più grande piaga di Milano e della Lombardia è ... lo smart working!”, ma è evidente che il problema denunciato da Sala esiste ed è importante. Che gli italiani non torneranno indietro ce lo dice anche un’indagine Swg pubblicata da Kratesis: in materie come il lavoro da casa, gli acquisti on line o i corsi di formazione a distanza, solo una percentuale che non supera mai il 36% pensa che tutto tornerà come prima, mentre la grande maggioranza è convinta che farà tesoro delle esperienze di questo periodo e continuerà ad avvalersene.

La “resilienza trasformativa”, parola d’ordine lanciata dall’ASviS in questi mesi per evidenziare la necessità di “rimbalzare avanti”, cioè di partire dai punti di forza della società per fare un salto di qualità nella direzione dello sviluppo sostenibile, si accompagna strettamente col principio della “giusta transizione”. Finora avevamo applicato questo concetto soprattutto al passaggio dalle energie fossili alle rinnovabili, pensando alla necessità di garantire i milioni di persone che lavorano per produrre carbone, petrolio e gas, alla importanza della tutela delle fasce più deboli, che sarebbero le più colpite dall’aumento dei prezzi indotto da interventi per penalizzare i consumi energetici inquinanti, come è avvenuto in Francia con l’aumento del prezzo del gasolio che ha scatenato l’ira dei gilet jaunes.

Scopriamo ora che il concetto di “giusta transizione” si applica a molti altri campi che possono essere toccati da un percorso verso un modo di vita più sostenibile, a cominciare appunto dall’abbandono dei centri delle metropoli che fino a ieri sembravano destinati a polarizzare i movimenti di popolazione del futuro. Molte categorie avranno bisogno di protezione e accompagnamento a una riconversione, se vogliamo accelerare questo percorso. Un altro esempio evidente riguarda gli incentivi dannosi per l’ambiente, in Italia circa 19 miliardi all’anno che sarebbe giusto abolire. La cifra arriva a 137 miliardi all’anno a livello dell’Unione, quasi quanto l’intero bilancio europeo, seconda un’indagine di Investigate Europe ripresa da Maria Maggiore sul Fatto quotidiano. Sappiamo però che buona parte di questi incentivi in Italia vanno all’autotrasporto, all’agricoltura, alla pesca: la loro abolizione, che l’ASviS richiede con forza, comporta la necessità di sgravi fiscali e incentivi alla riconversione per le categorie interessate. Insomma, di una politica lungimirante.

Anche la gestione degli inevitabili adattamenti ai cambiamenti climatici già in corso pone delicati problemi di transizione, come dimostra questo esempio, anch’esso tratto da Bloomberg Green, in merito ai rischi di inondazione a seguito dell’aumento dei fenomeni meteorologici estremi.

In teoria, indicazioni accurate sui rischi di allagamento potrebbero correggere alcuni comportamenti irrazionali e costosi che abbiamo visto finora, come lo sviluppo di proprietà immobiliari in zone ad alto rischio. Potrebbero anche aiutare la gente a capire che cosa è in gioco se non si riducono le emissioni che provocano l’effetto serra. Però la trasparenza ha i suoi aspetti negativi. Rachel Cleetus, direttore del programma Clima ed energia della Union of Concerned Scientists, nel 2018 ha condotto negli Stati Uniti una ricerca sui rischi di inondazione delle proprietà costiere, con dati specifici su ciascuna abitazione. Con i suoi colleghi aveva valutato di pubblicare i risultati ma hanno deciso di renderli noti solo a livello aggregato, di codice di avviamento postale, per evitare effetti negativi sul valore delle proprietà.

Contrariamente a quello che si pensa, molte delle case sulle coste di Stati come il Texas e la Louisiana, i più esposti alle inondazioni, sono abitate da persone di ceto medio-basso, che sarebbero pesantemente penalizzate da queste rivelazioni. Meglio dunque diffonderle solo a seguito della definizione di una politica di protezione per i soggetti che rischiano di essere colpiti.

Anche in Italia sarebbe necessaria un’analisi approfondita delle conseguenze della catastrofe climatica. Molti dati furono resi disponibili con la pubblicazione della bozza del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) nel 2017, ma questo documento non è mai stato preso seriamente in esame dalla classe politica.

Abbiamo dunque bisogno non di una, ma di molte “giuste transizioni”, con un occhio alle categorie più deboli che rischiano di essere più danneggiate dai cambiamenti nei comportamenti e nei consumi, ma con l’altro occhio alle nuove generazioni che dobbiamo tutelare accelerando le scelte necessarie per uno sviluppo sostenibile. Le proposte dell’ASviS in questa direzione sono state presentate sabato 20 giugno nell’audizione agli Stati generali voluti dal governo e sono state ribadite dal portavoce dell’Alleanza Enrico Giovannini in una intervista all’Espresso. Eccone alcuni estratti.

Hanno ascoltato, con attenzione. Ed è la prima volta che un governo si ferma ad accogliere le idee e le proposte di associazioni e società civile per impostare un vasto piano di rilancio del Paese. Ma per un giudizio complessivo bisognerà attendere il piano rivisto e lì si capirà in che misura le indicazioni degli interlocutori presenti ai tavoli degli Stati Generali siano state accolte.

Non mi convince il dibattito pubblico che si sta svolgendo nel Paese. Prima di tutto non c'è la consapevolezza che il progetto di rilancio deve stare all'interno delle linee guida indicate dalla Commissione europea, che chiedono agli Stati membri di presentare programmi affinché nel suo complesso l'Europa risulti più resiliente, sostenibile e giusta. Tanto per capirci: nessun sussidio o investimento andrà ad attività basate sui combustibili fossili. Inoltre, pochi hanno compreso che il tutto deve avvenire nell'ambito delle regole del semestre europeo, cioè il processo di coordinamento delle politiche economiche, a cui l'opinione pubblica italiana pone attenzione pari a zero.

È essenziale che il Paese impari a prevenire. L'Italia è un'eccellenza nella gestione delle emergenze e tanti vengono a studiare la nostra protezione civile. Ma nessuno viene in Italia per studiare il modo con cui investiamo per prevenirle. Servono piani e investimenti per evitare che i ponti crollino e che una pandemia getti nel caos un intero Paese e la relativa economia. Soprattutto serve un piano operativo per evitare che il cambiamento climatico provochi danni enormi per l'economia e la società: come ha scritto la von der Leyen, un giorno si troverà il vaccino per il Coronavirus, ma non c'è vaccino contro il cambiamento climatico. Stavolta i soldi per affrontare le cose importanti, e non solo le emergenze, ci sono, ma serve cambiare il modo di prendere decisioni. Per questo insistiamo per la creazione di un Istituto di ricerca che aiuti il governo a fare pianificazione strategica, mettendo in rete le tante competenze di cui disponiamo, sul modello di esperienze che esistono in tanti altri Paesi. Non sprechiamo l'occasione. Che potrebbe essere quella giusta per mettere il Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista, compreso quello sociale.

Non è certo facile “cambiare il modo di prendere decisioni” in un Paese diviso, perennemente in campagna elettorale, dove i politici sono attenti solo all’impatto di breve termine dei loro annunci. Ma nella società molte cose si stanno muovendo, come è emerso  anche dal Forum Ansa 2030 che ha analizzato gli ultimi dati Istat sulla crescita dell’attenzione delle imprese ai temi della sostenibilità ed è stato seguito da quasi 200mila persone attraverso i canali Ansa. Il prossimo Festival dello sviluppo sostenibile ribadirà con forza la necessità di questo cambiamento: il sondaggio che abbiamo condotto in occasione dell’iniziativa digitale “ASviS Live: tre passi verso il Festival” per conoscere i temi considerati prioritari, da  approfondire nel corso del prossimo Festival, ha indicato come argomenti più richiesti, l’impegno per realizzare un’Europa resiliente, sostenibile e giusta, la questione dell’emergenza climatica e dello sfruttamento degli ecosistemi e il tema delle vulnerabilità e delle disuguaglianze. Argomenti importanti, ma che non corrispondono all’agenda politica. Eppure, anche la politica dovrà accorgersi che i tempi stanno cambiando. L’affermazione dei Verdi nelle recenti elezioni municipali francesi deve ancora essere valutata in tutte le sue implicazioni, ma certo contribuisce a dire che The times they are a changing, come cantava Bob Dylan più di cinquant’anni fa, alla vigilia di un’altra rivoluzione. 

 

E INOLTRE…

 

In questi giorni il sito asvis.it si è occupato di:

Il sito futuranetwork.eu si è occupato di:

 

Approfondimenti

 

I video della settimana

 di Elis Viettone, montaggio e grafiche di Francesca Spinozzi

  • Nuova intervista della serie "Oltre la crisi" con Ferdinando Nelli Feroci, presidente Istituto Affari Internazionali (Iai) e Marina Ponti, direttrice Globale Campagna delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre segnalazioni

a cura di Flavio Natale ed Elita Viola

Prossimi eventi

3 luglio

  • Gian Carlo Blangiardo, presidente dell'Istat, illustrerà il "Rapporto annuale 2020 – La situazione del Paese" presso la sala Aldo Moro del Palazzo di Montecitorio a Roma. Il rapporto offre una riflessione documentata sulle trasformazioni che interessano l'economia e la società italiana.

  • "Si prevede che l'Africa avrà il tasso di crescita urbana più veloce del mondo: entro il 2050, le città africane ospiteranno altri 950 milioni di persone". Il webinar “Africa's urbanisation dynamics 2020”, organizzato dalla fondazione Enrico Mattei con la collaborazione del Politecnico di Milano, partirà da questo dato per parlare delle dinamiche di urbanizzazione in Africa.

6 luglio

6-11 luglio

  • Forum Pa 2020: gli appuntamenti seguiranno il filo rosso dell’innovazione e della trasformazione digitale per la resilienza futura, e si articoleranno in tre percorsi: le “persone al centro”; la “trasformazione digitale” e lo “sviluppo sostenibile”.

7 luglio

7-16 luglio

  • Il tema dell'High level politcal forum 2020 (Hlpf) delle Nazioni unite sarà, per l'edizione di quest'anno, "Accelerated action and transformative pathways: realizing the decade of action and delivery for sustainable development ". L'incontro annuale Hlpf è la principale piattaforma delle Nazioni unite per il follow-up e la revisione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

8 luglio

9 luglio

9-12 luglio

11 luglio

  • Giornata mondiale della popolazione. "L'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è il progetto mondiale per un futuro migliore per tutti su un pianeta sano. Nella Giornata mondiale della popolazione, riconosciamo che questa missione è strettamente correlata con le tendenze demografiche tra cui la crescita della popolazione, l'invecchiamento, la migrazione e l'urbanizzazione” ha dichiarato António Guterres, segretario generale delle Nazioni unite.

 

venerdì 3 luglio 2020

Aderenti