Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
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The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

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L’Italia e il Goal 8: disoccupazione troppo alta, specie tra i giovani e al Sud

In Italia il numero di giovani che non studiano e non lavorano è il più alto tra tutti i Paesi Ue. Rapporto ASviS: serve una task force trasversale e interministeriale per definire un piano nazionale per l’occupazione giovanile. [VIDEO] 9/10/2019

Il Goal 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) in sintesi

Il Rapporto ASviS 2019 evidenzia un sensibile peggioramento per quanto riguarda il Goal 8 in Italia nel periodo 2004-2017. Questo è dovuto in larga parte alla crisi economica, che ha veduto un drammatico crollo del Pil per occupato ed elevati livelli di disoccupazione. Sebbene l’Italia abbia potuto beneficiare di una lenta ripresa economica, questa non ha ancora permesso di recuperare il Pil perso, né si è verificato un riassorbimento dell’elevato livello di disoccupati. In particolare, i giovani disoccupati che non studiano, né si formano (Neet) hanno raggiunto i livelli più alti tra tutti i Paesi Ue. Inoltre, permangono fortissime differenze territoriali, con le regioni del Mezzogiorno ben distanti da quelle del Centro e del Nord in termini di output economico e di occupazione. 

Con la Legge di Bilancio 2019 sono stati introdotti il Reddito di Cittadinanza (RdC) e la riforma del sistema pensionistico “Quota 100”. Sebbene l’intento sia di favorire l’occupazione, incoraggiare il ricambio generazionale e alleviare la povertà, le due misure rischiano di non riuscire a offrire benefici corrispettivi ai costi che impongono alle finanze pubbliche. In particolare, rimangono seri dubbi sull’efficacia della turnazione tra lavoratori anziani in uscita e giovani in entrata previsti dalla riforma del sistema pensionistico e sulle capacità del RdC di favorire l’offerta di lavoro e riuscire ad aiutare adeguatamente i giovani.

L’ASviS ritiene fondamentale adottare un piano nazionale per l’occupazione giovanile per aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro, specie nelle regioni dove la disoccupazione compare con preponderanza – nel Mezzogiorno – anche agendo sull’attuale sistema formativo scolastico e post-scolastico. Questo offrirebbe una speranza all’ampia platea di giovani attualmente disoccupati, e avrebbe ricadute positive sia sul brain drain  nazionale che sul Pil nazionale.

 

Guarda la video-intervista al coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 8, Luciano Monti

L’indicatore composito per l’Italia

                                           

      

L’indicatore composito elaborato dall’ASviS è fortemente influenzato dal ciclo economico. Di conseguenza, esso peggiora fino al 2014, a causa dell’andamento sfavorevole del Pil per occupato e dell’aumento della disoccupazione e della quota dei giovani Neet (la più alta dei Paesi Ue), mentre nel triennio 2015-2017 si registra un lento recupero. Infine, si registra una riduzione costante del numero di infortuni mortali e inabilità permanenti per 10mila occupati, che migliora del 25% nel periodo 2010-2016.

Le regioni italiane e il Goal 8

            

Il Goal 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) durante il periodo 2010-2017, ad eccezione della Provincia autonoma di Bolzano, peggiora per tutte le regioni italiane. I livelli riscontrati nell’ultimo anno disponibile evidenziano ampie differenze territoriali, particolarmente gravi per il Mezzogiorno. Queste sono dovute al divario dei valori nella maggior parte degli indicatori elementari utilizzati, in particolare della quota di disoccupati, della mancata partecipazione al lavoro (35,6% nel Mezzogiorno rispetto al 20,5% dell’Italia) e dei Neet (34,4% nel Mezzogiorno contro il 24,1% della media nazionale). Le regioni che segnalano la variazione e i livelli più preoccupanti sono la Sicilia e la Calabria. La Provincia autonoma di Bolzano presenta il livello migliore rispetto alla media italiana, grazie ai valori relativi al tasso di disoccupazione (3%), al tasso di mancata partecipazione al lavoro (4,3%) e alla quota di part time involontario sul totale degli occupati (4,5% rispetto all’11,4% della media nazionale).

Il resoconto degli ultimi 12 mesi

A differenza di ciò che avviene per la maggioranza dei Paesi europei, anche il Pil pro capite, dopo la leggera ripresa del triennio 2015-2017, rimane ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Il Rapporto Istat sugli SDGs del 2019 nota poi come l’occupazione totale sia in lieve crescita negli ultimi quattro anni, a fronte di un tasso di disoccupazione sceso al 10,6% nel 2018 (rispetto all’11,2% del 2017), un livello comunque superiore a quello pre-crisi e molto più alto di quello medio europeo. Il miglioramento occupazionale non ha interessato le regioni del Mezzogiorno, che presentano un tasso di occupazione statico e inferiore al 44% (43,5% nel primo trimestre 2019). A conferma di una situazione ancora molto insoddisfacente, in Italia il tasso di mancata partecipazione al lavoro (19,7%) è quasi doppio rispetto a quello medio Ue, ed è molto elevata, sebbene in calo negli ultimi quattro anni, la quota di Neet (Not in education, employment or training), giovani che, pur non essendo inseriti in un percorso di istruzione o formazione, non hanno un’occupazione (27,1% per la fascia d’età 20-24 anni e 30,9% per quella 25-29 anni), con punte superiori al 40% per i giovani di 18-29 anni in Campania, Calabria e Sicilia.

Alla luce di questi numeri, come già segnalato nel Rapporto 2018, è molto preoccupante la mancanza di una strategia nazionale sull’occupazione giovanile che tenga conto dei divari intergenerazionali, territoriali, educativi e di genere che si riscontrano in Italia. L’anno scorso si sottolineava la necessità di concentrare le risorse e le scelte sul lavoro dei giovani, proponendo come strumento un “patto per l’occupazione giovanile”, in linea con il documento dell’Ilo dal titolo “Superare la crisi: un patto globale per l’occupazione”, approvato nel 2009. Questa iniziativa dovrebbe coinvolgere il Governo, le parti sociali e le autonomie locali, con un’ottica pluriennale, e comprendere azioni a sostegno dell’occupazione giovanile fin dalla transizione dalla scuola, passando per maggiori fondi alla ricerca, alla formazione professionalizzante, e così via. 

Al contrario, il Governo ha scelto di modificare la misura dedicata all’alternanza scuola-lavoro, depotenziandola e interrompendo lo sforzo avviato per assicurare maggiore “occupabilità” alle risorse più giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Il dimezzamento complessivo sia delle ore sia dei finanziamenti per l’alternanza scuola-lavoro non sembra fondarsi su ragioni di merito, ma sulla mera volontà di risparmiare risorse. Le esperienze di alternanza scuola-lavoro obbligatoria, infatti, hanno ricevuto, nel complesso, una valutazione positiva, pur coinvolgendo a regime oltre un milione di studenti con le relative, fisiologiche, criticità. Questi cambiamenti allontanano l’Italia dalle migliori esperienze europee e, di fatto, frenano la diffusione di percorsi di formazione sul lavoro nei territori dove è più debole il legame tra scuola e impresa (soprattutto al Sud).

Due importanti misure adottate nell’ultimo anno con impatto diretto sul mercato del lavoro sono state il Reddito di cittadinanza (RdC) e la riforma del sistema pensionistico “Quota 100”. Queste misure combinate, nel quadro programmatico del Governo, dovrebbero favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro a favore dei giovani, incoraggiare la creazione di nuovi posti di lavoro e offrire un sostegno economico ai lavoratori con i redditi più bassi. Tuttavia, nonostante l’evidente necessità di rafforzare le politiche attive del lavoro, il RdC rischia di non offrire un sostegno adeguato alla platea maggiormente bisognosa, creando un effetto di scoraggiamento sull’offerta di lavoro e non aiutando adeguatamente i giovani ancora a carico delle proprie famiglie, come sono la maggior parte dei Neet.

Inoltre, benché siano state destinate maggiori risorse per potenziare i Centri per l’impiego (che hanno dimostrato tutta la loro fragilità nell’attuazione della Garanzia Giovani), il quadro normativo rimane poco chiaro in riferimento alla figura del navigator, il quale dovrebbe svolgere un ruolo chiave nell’assegnazione del RdC, senza necessariamente dover possedere i requisiti professionali adatti.

Invece, per quanto riguarda la riforma del sistema pensionistico, rimangono seri dubbi sull’efficacia della turnazione tra lavoratori anziani in uscita e giovani in entrata. Sebbene la maggiore flessibilità delle uscite sia un fatto positivo, non necessariamente corrisponderà a un maggior numero di assunzioni, a un maggior numero di ore-lavoro e a maggiori retribuzioni, anche alla luce della evidente tendenza ad automatizzare molte funzioni lavorative grazie all’innovazione tecnologica. In particolare, i posti di lavoro meno qualificati svolti da persone che appartengono alla platea di “Quota 100” potrebbero non essere rimpiazzati: in questo modo il già fragile sistema pensionistico italiano rischia di fronteggiare ulteriori problemi in assenza di un’adeguata crescita della forza lavoro produttiva che, con i propri contributi, lo mantenga in equilibrio.

Le proposte dell’ASviS

Anche alla luce dei recenti dati statistici sull’occupazione, l’ASviS richiede urgenti interventi organici per ridurre le forti disparità territoriali, di genere e di età, con gli altissimi livelli di giovani Neet, giovani sottoccupati e giovani precari. 

Purtroppo, la richiesta già avanzata dall’ASviS nel Rapporto 2018 di definire un “patto per l’occupazione giovanile”, in linea con il documento dell’Ilo “Superare la crisi: un patto globale per l’occupazione”, approvato nel 2009, non è stata presa in considerazione dal Governo. Manca, quindi, una strategia seria, concreta, condivisa e onnicomprensiva che affronti questa difficile situazione, che ha ricadute negative sia sull’economia, che su molti SDGs. È ormai indispensabile la creazione di una task force trasversale e interministeriale per definire un piano nazionale per l’occupazione giovanile in tempi stretti, vista la scadenza nel 2020 del Target 8b dell’Agenda 2030, che richiede: “Entro il 2020, sviluppare e rendere operativa una strategia globale per l’occupazione giovanile e l’attuazione del Patto globale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro”.

Le misure da adottare per favorire l’occupazione giovanile non possono prescindere da interventi volti a migliorare la transizione dalla scuola al mondo del lavoro, a potenziare la formazione professionalizzante e l’orientamento al sostegno all’impiego e all’autoimpiego, all’investimento sulle politiche attive del lavoro, ai servizi a supporto dei nuovi nuclei familiari. È inoltre importante aumentare le risorse dedicate a ricerca e sviluppo, la cui carenza determina sia un ritardo nello sviluppo economico dell’intero sistema Paese e della maggior parte delle regioni, sia un crescente brain drain a favore di Paesi che offrono condizioni migliori per la ricerca. 

Nell’ottica di favorire l’impiego e la ripresa dei consumi, una rimodulazione delle tasse sul lavoro a favore dei lavoratori e dei datori di lavoro potrà essere un sostegno nel breve-medio periodo, ma probabilmente non sufficiente senza interventi di settore e nel quadro di graduale peggioramento dell’economia globale. A tal proposito, va ricordato che certi interventi sarebbero meglio gestibili a livello europeo, con l’istituzione di un sussidio di disoccupazione europea (sulla quale intende lavorare la nuova Commissione europea) e con una rapida attuazione del secondo pacchetto di misure per eque condizioni di lavoro previsto dal Pilastro europeo dei diritti sociali approvato a Göteborg.

 

Leggi l’Analisi del Goal 8 nel Rapporto ASviS 2019 e le proposte dell’Alleanza su Lavoro dignitoso e crescita economica

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mercoledì 9 ottobre 2019

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