Cop 30
GIORNO 2. Abbiamo un’agenda e il nuovo protagonista è l’adattamento
Belém, 12 novembre 2025
La giornata di ieri si è chiusa con il primo piccolo “brivido” di questa Cop 30: l’approvazione dell’agenda. Sembra un dettaglio tecnico, ma non lo è affatto.
Per partire davvero, una Cop ha bisogno che tutti i Paesi approvino per consenso l’elenco dei temi da negoziare nelle due settimane: quali capitoli si aprono, quali no, cosa ha spazio formale e cosa viene rimandato ai corridoi o ai side event. Senza agenda non si può discutere di testi, non si possono creare gruppi di lavoro, non si possono adottare decisioni. In passato, su questo si sono consumati veri e propri “agenda fight”, con ore, a volte giorni, persi in plenaria su una singola riga di testo.
Ieri il rischio c’era anche a Belém: diversi gruppi di Paesi avevano chiesto di inserire nuovi punti, soprattutto su finanza e risposta al deficit di ambizione degli Ndc (ovvero i piani nazionali di riduzione delle emissioni) rispetto alla soglia di 1,5 °C. Alla fine, la presidenza brasiliana ha scelto una strada di compromesso: le nuove proposte (su finanza, commercio, misure unilaterali, risposta al gap di ambizione, armonizzazione dei metodi di rendicontazione) verranno discusse in consultazioni della presidenza fino a mercoledì, quando in plenaria sarà chiarito dove e come troveranno spazio nel negoziato.
Insomma l’agenda c’è e la Cop 30 può davvero cominciare.
Alla Cop 30 ritorna l’adattamento climatico
Se negli ultimi anni il lessico delle Cop è stato dominato da “neutralità climatica”, “phase-out dei fossili”, “Ndc al 2035”, qui a Belém si sente ripetere un’altra parola: adattamento. Non è un tema nuovo, ma è nuova la sua centralità. A Belém, l’adattamento non è più la “cenerentola” del negoziato: se ne parla nei testi, nelle plenarie, nei panel dei ministri, nei corridoi delle Ong. Il messaggio è chiaro: non basta promettere meno emissioni, bisogna anche proteggere chi sta già pagando il prezzo della crisi climatica. Il nuovo Adaptation Gap Report dell’Unep ha aggiornato la fotografia:
- i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno tra 310 e 365 miliardi di dollari l’anno entro il 2035 solo per adattarsi agli impatti climatici;
- la finanza pubblica internazionale per l’adattamento oggi è intorno ai 26 miliardi di dollari l’anno: meno di un 12esimo del fabbisogno stimato.
Tema del giorno: le città
Il programma ufficiale della Cop 30 prevede che il 10 e l’11 novembre siano dedicati, tra gli altri, ai temi di adattamento, città, infrastrutture, acqua, rifiuti, governi locali e bioeconomia. Nel secondo giorno, in particolare, sindaci, governatori e amministratori locali hanno discusso di come trasformare gli impegni nazionali (gli Ndc “3.0” che i Paesi dovranno presentare entro il 2025) in politiche concrete sul territorio.
Altro da sapere sui negoziati?
Global Goal on Adaptation: continua il lavoro tecnico per ridurre l’attuale proposta di circa 100 indicatori, cercando un equilibrio tra la necessità di avere parametri comuni e quella di rispettare la forte dimensione locale dell’adattamento. Gli indicatori serviranno sia per misurare i progressi sia per guidare l’allocazione della finanza.
In sintesi, dopo aver ottenuto l’agenda, la Cop 30 è entrata nel vivo con un messaggio chiaro: la crisi climatica si gioca sempre più dove le persone vivono, nelle città, e su come riusciremo ad adattarci senza rinunciare a ridurre rapidamente le emissioni. Se questa Cop saprà tenere insieme queste due dimensioni, potrà davvero essere come dicono molti qui a Belém la Cop dell’attuazione, non solo delle promesse.

di Andrea Grieco
