Cop 30
GIORNO 7. La corsa finale è partita, ora ogni ora e ogni virgola conta
Belém, 17 novembre 2025
Il giorno sette è ripartito dopo la pausa di domenica e, mentre scrivo, qui è quasi ora di pranzo. Ma da stamattina è cambiato tutto: i corridoi si sono riempiti in un attimo, la Blue Zone è piena come non l’avevo ancora vista e c’è la sensazione che la Cop stia davvero entrando nella sua fase più serrata. I ministri stanno arrivando a ondate, la prima plenaria è iniziata prestissimo e fuori dagli edifici si corre.
L’ingresso è completamente blindato dall’esercito, da stamattina circola voce che potrebbe esserci una nuova manifestazione indigena per incontrare Lula, e la tensione si avverte nell’aria. È quella settimana lì: quella in cui tutto si può sbloccare, ma anche quella in cui tutto può complicarsi.
La prima settimana di Cop è finita, ma con una lunga lista di questioni ancora aperte. Per tentare di fare ordinare, ieri sera il Brasile ha pubblicato un documento che riassume le posizioni e le possibili strade da seguire su vari nodi rimasti fuori dall’agenda ufficiale: ambizione verso 1,5°C, finanza, misure commerciali legate al clima. È un tentativo di preparare il terreno prima dell’arrivo dei ministri.
Dentro i negoziati, però, il passo resta lento:
- sugli indicatori per l’adattamento si è ancora lontani da un accordo;
- la giusta transizione avanza piano, frammentata tra priorità diverse;
- l’idea di una roadmap globale per uscire dai combustibili fossili continua a crescere, anche se nessuno l’ha messa formalmente nell’agenda.
È la classica dilatazione delle Cop: si va avanti, ma niente è ancora davvero deciso.
Cop 32: Addis Abeba c’è!
La notizia è ora ufficiale: la Cop 32 si terrà ad Addis Abeba, in Etiopia, nel 2027. Un riconoscimento importante per l’Unione Africana, che avrà la sua Cop “di casa” proprio mentre il continente rivendica più spazio nei negoziati globali. Intanto Australia e Turchia continuano a contendersi la Cop 31. Secondo alcune delegazioni europee, l’Etiopia starebbe spingendo per rallentare i progressi sull’adattamento qui a Belém, così da arrivare alla Cop 32 con un’agenda forte già pronta e rivendicare i risultati come una vittoria politica.
In pratica: un ostruzionismo tattico attorno al Global Goal on Adaptation.
Il problema è che questo rischia di indebolire proprio Belém, che sarebbe dovuta essere la Cop dedicata alle foreste, alla resilienza e all’adattamento. E adesso tocca al Brasile provare a tenere insieme ambizione e manovre diplomatiche tutt’altro che semplici.
Altri punti aperti
Sul Fondo Perdite e Danni si continua a girare intorno alle stesse domande: chi paga, quanto, con quali regole. I Paesi più vulnerabili stanno chiedendo chiarezza, ma qui nessuno vuole scoprirsi troppo presto. È uno dei capitoli che rischia di trascinarsi fino alle ultimissime ore.
Il lavoro sul pacchetto della transizione giusta procede, anche se a piccoli passi. Le differenze tra Paesi restano evidenti: c’è chi vuole un testo più politico e chi lo vuole più operativo, chi chiede un forte riferimento alla scienza e chi spinge su giustizia sociale e lavoro.
Cresce l’attenzione sui Piani nazionali di adattamento, considerati una delle leve più concrete per rendere reali gli impegni sul clima. Ma senza un accordo sugli indicatori e senza risorse certe, il rischio è che tutto resti incompiuto. Ed è proprio ciò che il Brasile vuole evitare.
Il negoziato sui mercati del carbonio resta uno dei più tecnici, ma anche uno dei più politicizzati. Si discute di metodologie, integrità ambientale, supervisione. E ogni parola è oggetto di scontro politico.
E adesso?
Con l’arrivo dei ministri si entra nella fase in cui i testi iniziano a cambiare ogni poche ore, i corridoi diventano più importanti delle sale ufficiali e le notti si fanno più lunghe. Il Brasile punta a un risultato forte, ma la strada è piena di incastri diplomatici, rallentamenti strategici e nuove alleanze che si formano all’ultimo.
La sensazione, però, è chiara: da oggi, ogni ora pesa.

di Andrea Grieco
