Cop 30
GIORNO 12. La fine di una Cop che lascia l’amaro in bocca
Belém, 22 novembre 2025
Ve lo avevamo detto che sarebbe stata una risalita ripida. E ora eccoci qui a confermarvelo, mentre scriviamo questo bollettino dall’aereo di ritorno da Belém, con un magone che non ha nulla a che fare con la nostalgia della partenza. È il magone più duro: quello della consapevolezza che il sistema multilaterale, così come lo conosciamo, ha fallito. E la Cop 30 lo ha reso evidente.
Il mondo è profondamente frammentato: lo si è visto in ogni negoziato, in ogni parentesi rimasta aperta, in ogni tentativo – spesso goffo – di cucire una narrativa condivisa. Ci sono blocchi che non si parlano più, alleanze che reggono solo per convenienza, e un numero crescente di Paesi che preferisce lavorare fuori dal processo Onu, proprio perché non crede più che un consenso globale sia possibile. È un’immagine cruda, ma onesta, di ciò che il multilateralismo è diventato.
Cosa dice (davvero) il testo finale della Cop 30
La Cop 30 di Belém si chiude con un risultato che, più che risolvere le divergenze, le mette in chiaro. Eppure paradossalmente dimostra anche che, nonostante tutto, la cooperazione sul clima non si è del tutto spezzata. Regge, a fatica, ma regge.
Il ruolo dell’Europa è stato più positivo del previsto, nonostante le resistenze esterne dei Paesi Brics e dei Paesi del Golfo. E soprattutto grazie a una nuova geografia diplomatica: coalizioni ampie, inedite, che hanno chiesto il massimo livello possibile di ambizione. Sono oltre 40 i Paesi che hanno chiesto una chiara tabella di marcia per l’uscita dai combustibili fossili, accompagnata da un percorso di implementazione e non più solo di promesse, guidati dalla Colombia.
Ma qui arriva la delusione più grande
La Mutirão Decision, il documento politico finale della Cop 30, non cita esplicitamente i combustibili fossili. Niente roadmap sui fossili, niente roadmap sulla deforestazione. La chiamata di Lula e di oltre 80 Paesi non è stata accolta. Eppure, qualcosa si è mosso:
- il Global Implementation Accelerator e la Belém Mission to 1.5 sono due nuovi processi che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero aiutare i Paesi a collaborare e accelerare l’uscita dai fossili attraverso gli Ndc, la cooperazione tecnica e gli investimenti;
- sul fronte finanziario, la Cop 30 lancia un segnale più forte del previsto: triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2035, con impegni a rendere la finanza climatica più prevedibile, accessibile e coerente con i bisogni reali dei Paesi vulnerabili.
Sono strumenti perfetti? No. Sono sufficienti? Neanche. Ma consolidano ciò che era stato aperto a Dubai e mettono una base - fragile ma reale - per lavorare nei prossimi anni sull’allineamento dei flussi finanziari e sul riequilibrio tra mitigazione e adattamento.
E l’ambizione?
Rimane il tallone d’Achille: la Cop 30 non chiude il divario gigantesco tra gli elementi scientifici e gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni. Le Ndc restano insufficienti, troppo timide e troppo lente.
La sola buona notizia? Molti Paesi europei, latinoamericani, africani, insulari, si sono detti pronti a procedere comunque, anche fuori dal processo negoziale Onu, con percorsi paralleli e cooperazioni regionali per accelerare davvero la transizione. È un segnale politico importante: se il processo multilaterale si inceppa, non è detto che tutti siano disposti a fermarsi.
Adesso cosa succede?
Il cammino per restare entro i limiti scientifici è ancora apertissimo, ma sempre più stretto. Belém non è stata la Cop della svolta, non è stata la Cop storica che molti speravano, ma non è neanche una Cop vuota. È stata, forse, la Cop della realtà: dura, imperfetta, frammentata, ma ancora viva. Un luogo dove, nonostante tutto, Paesi, città, comunità indigene, attivisti, scienziati e imprese continuano a dire la stessa cosa: non possiamo permetterci di smettere.
E anche se il sistema multilaterale scricchiola, l’urgenza no, quella rimane intatta, anzi più chiara che mai.
Chiudiamo questo ultimo bollettino con un grazie che viene davvero dal cuore: questi giorni sono stati intensi, confusi, spesso frustranti, a tratti persino surreali e sapere che dall’altra parte c’erano persone che leggevano, seguivano, scrivevano, chiedevano aggiornamenti o semplicemente restavano con noi in questa cronaca quotidiana, ha fatto la differenza.
Grazie per aver attraversato Belém con noi: le notti in cui le bozze arrivavano all’alba, le riunioni “informal-informal” nei corridoi, le manifestazioni e la pioggia tropicale. Grazie perché avete dimostrato che parlare di negoziati climatici è ancora importante, anche quando il multilateralismo scricchiola e la politica sembra allontanarsi dall’urgenza della scienza.
Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi mesi, ma una cosa sì: torneremo qui, insieme, a seguire il percorso che ci porterà alla Cop 31 e oltre.

di Andrea Grieco
