Editoriali
Dallo strategic foresight alla Valutazione di impatto generazionale e alla Futures Literacy. Gli strumenti per prepararci al futuro ci sono già. Ora sta a noi usarli, uscendo dall’inerzia del presente per progettare un domani sostenibile. 4/12/25
Il futuro. Una parola che sembra così sfuggente, così fuori dal nostro controllo, così difficile da raggiungere. Ogni tanto alziamo lo sguardo e guardiamo ai nostri progetti nascosti nel cassetto: una casa da comprare, un nuovo corso da seguire, quella cosa che non avevamo mai fatto in tempo a iniziare. Poi però veniamo travolti dalle sfide quotidiane, l’oggi ci sbatte la realtà in faccia e il domani sfuma via.
Ma quand’è che abbiamo smesso di pensare al futuro? Quando la frenesia della vita ci ha travolto, quando le difficoltà economiche si sono fatte sentire, quando ci siamo trovati a dover smarcare problemi giorno dopo giorno, quando al futuro non ci abbiamo creduto più. Anche per i governi è così. Eppure, il futuro resta sempre lì, e prima o poi lo raggiungeremo. E sarà il futuro che volevamo solo se avremo fatto oggi le scelte giuste.
Secondo il Barometro sul futuro, otto persone su dieci pensano al futuro, anche se solo la metà di loro lo fa spesso. Ci pensano soprattutto le giovani generazioni (ma non i giovanissimi, gli under 20, che sono ancorati al quotidiano). Ma secondo l’indagine la priorità rimane il presente: due persone su tre si dichiarano concentrate soprattutto sull’oggi. C’è pessimismo verso il domani, si discute poco di futuro e per il 34% delle persone intervistate non c’è nessuno a pensare al futuro. Come possiamo interrompere questi atteggiamenti e credenze e ricominciare ad avere fiducia nel futuro per costruirlo? La buona notizia è che gli strumenti esistono già.
Nel settembre del 2024 le Nazioni Unite hanno approvato il “Patto sul futuro”, un accordo di cui si parla poco in Italia, ma che in realtà segna un momento di straordinaria importanza. Il Patto, infatti, oltre a rinnovare l’impegno per un futuro sostenibile, sottolinea l'urgenza di migliorare la capacità della nostra società di anticipare i rischi e governare la crescente incertezza. Da qui l’importanza di una governance anticipante, a cui abbiamo dedicato recentemente un Paper, intesa come un approccio di gestione pubblica e istituzionale che mira a integrare sistematicamente la considerazione del futuro nel processo decisionale odierno. Perché di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, “è possibile adottare diversi comportamenti: mettere la testa sotto la sabbia sperando di cavarsela; affrontare i problemi singolarmente, rinunciando ad avere un approccio sistemico e integrato; accodarsi alle decisioni assunte dai leader dei Paesi più influenti, magari puntando sulla duttilità e l’inventiva tipicamente italiana; oppure, come suggerisce questo documento, impegnarsi proattivamente iniziando dalla creazione di una governance anticipante che renda l’Italia capace di disegnare il proprio futuro”. Per insistere su questo punto l’ASviS ha lanciato a maggio 2025 il progetto “Ecosistema Futuro”, mirato a creare un vero e proprio ecosistema che ponga i “futuri” e il pensiero a lungo termine al centro della riflessione culturale e politica del nostro Paese.
Tra gli strumenti di governance anticipante troviamo lo strategic foresight, l’insieme di metodi e strumenti che consentono ai decisori politici di immaginare scenari diversi, alternativi e possibili, e valutare le loro implicazioni, al fine di definire e adottare strategie resilienti e lungimiranti. L’approccio è quello del “cosa potrebbe accadere”, che si differenzia dal “cosa accadrà” del forecasting, basato su dati quantitativi e modelli probabilistici. Nel merito la Scuola nazionale di amministrazione e il Mase hanno proposto una mappatura di 15 metodi di strategic foresight, utili alla revisione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, che potete trovare qui se volete approfondire.
Tra gli strumenti a disposizione troviamo anche la Valutazione di impatto generazionale, di recente approvazione con il Ddl 2393, fortemente voluta dall’ASviS. Si tratta di un traguardo storico per il nostro Paese, perché d’ora in poi le nuove leggi dovranno guardare un po’ più lontano: non solo agli effetti immediati, ma anche alle conseguenze che avranno sulle generazioni giovani e future. In pratica, ogni nuovo atto del Governo (tranne i decreti-legge) dovrà essere accompagnato da un’analisi preventiva degli impatti ambientali e sociali sulle generazioni giovani e future, in linea con la riforma costituzionale del 2022 che ha inserito nella Carta il principio di giustizia intergenerazionale. A coordinare e monitorare questo nuovo strumento sarà un Osservatorio per l’impatto generazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di analisi, studio e proposta. Si tratta, insomma, di una trasformazione dal potenziale enorme del modo in cui si disegnano le politiche, a cui ora va dato seguito.
Ma passiamo a un altro strumento. Questa settimana abbiamo pubblicato un Future Paper dal titolo “Promuovere l’alfabetizzazione ai futuri. Verso una società pronta al futuro”. Alfabetizzare ai futuri vuol dire imparare a esplorare i diversi scenari per compiere ora delle scelte, “de-colonizzando” il futuro dall’inerzia del presente. L'obiettivo della Futures Literacy non è "conoscere il futuro", ma consentire alle persone, alle organizzazioni e alle comunità di fare distinzioni esplicite tra diversi futuri possibili. Si tratta di educare a "costruire futuri diversi" e di imparare a usare il futuro come speranza. Questo è fondamentale in un periodo storico in cui l'accelerazione dei cambiamenti genera crisi e pessimismo e in cui abbiamo adottato un approccio al futuro non adeguato a gestire l'incertezza strutturale.
Per superare l'attuale incapacità di elaborare una visione comune del futuro che vogliamo costruire, occorrono azioni concrete e strutturate che coinvolgano l'intero sistema formativo e la pubblica amministrazione italiana. Nell’Università, la Futures Literacy dovrebbe diventare parte integrante della formazione avanzata e dei percorsi di ricerca, ad esempio con una “Lezione zero” sugli Studi di Futuro o moduli trasversali nei dottorati.
Per quel che riguarda le amministrazioni, la Scuola nazionale dell'amministrazione offre percorsi formativi per dirigenti e funzionari della PA per sviluppare la capacità di anticipare trend e adottare politiche pubbliche consapevoli del futuro. Inoltre, sempre più Comuni sperimentano laboratori e workshop di immaginazione condivisa, coinvolgendo cittadini e stakeholder nella definizione dei futuri possibili.
Ci sono anche altre iniziative che stanno venendo messe in campo da organizzazioni e realtà. Ne è un esempio la nuova piattaforma dell’Ocse Well-being Data Monitor che, su 80 indicatori di benessere dei Paesi, ne ha dedicati 30 al futuro. Come ASviS abbiamo scelto di mettere il futuro al centro organizzando eventi come l’ultimo Future Day, la Scuola di futuri e sostenibilità di Catania, la creazione di un network dei Musei dei futuri (luoghi e spazi di cultura dove si può immaginare e costruire il futuro), l’avvio del percorso verso un’Assemblea nazionale sul futuro che coinvolgerà le persone, in particolare i giovani, e le istituzioni nella formulazione di proposte per il futuro dell’Italia. C’è anche FUTURAnetwork, il portale che, oltre a raccontare tutte le iniziative del progetto Ecosistema futuro, offre articoli, approfondimenti e riflessioni sui cambiamenti in atto e sui futuri possibili. Inoltre, proprio in questi giorni l’ASviS ha presentato alle oltre 330 organizzazioni della società civile che ne fanno parte il Piano strategico 2026-2030, proprio con l’intento di guardare lontano, con concretezza.
Tutti questi strumenti – dalla governance anticipante alla Valutazione di impatto generazionale, dalla Futures Literacy ai nuovi indicatori internazionali sul benessere futuro – ci ricordano una cosa semplice ma essenziale: il futuro non accade, si costruisce. E si costruisce solo se siamo disposti a immaginarlo prima che arrivi, ad aprire spazi di possibilità invece di lasciarci guidare dall’inerzia.
Non basta dunque “pensare” al futuro: dobbiamo allenarci a usarlo, a farlo diventare una lente attraverso cui leggere il presente e orientare le nostre scelte quotidiane, personali e collettive. È un cambiamento culturale profondo, che richiede coraggio, competenze, impegno condiviso e la volontà di rimettere al centro il lungo periodo in un mondo che ci chiede sempre di correre dietro all’immediato.
“Abbiate sempre gli occhi rivolti al futuro”, diceva Papa Francesco rivolto ai giovani. Ma è un invito che vale per ciascuno di noi, perché il futuro ci aspetta, sta a noi decidere in quale forma.
