Il punto di Giovannini
Lobby e forze politiche conservatrici bloccano il progresso Ue sulla sostenibilità
2 ottobre 2025
Stiamo attraversando settimane cruciali per il futuro della sostenibilità ambientale in Europa, con un dibattito serrato del Parlamento sulle misure da intraprendere, anche in contrasto con quelle adottate nella precedente legislatura. Gran parte dei media italiani si occupa del tema in maniera marginale, a danno di tutti i cittadini e le cittadine. In ballo ci sono infatti regolamenti, normative e programmi che andranno a incidere direttamente sui nostri modelli di produzione e consumo, e sulla qualità dei prodotti importati, da cui dipendono la nostra salute e le prospettive occupazionali.
Esemplare è il caso del regolamento europeo sulla deforestazione. Avviato con un obiettivo chiaro e di buon senso, ovvero impedire che sul nostro mercato arrivassero prodotti derivati dalla distruzione delle foreste, soprattutto in Paesi extraeuropei come il Brasile o l’Indonesia, ha visto ora un tentativo di rinvio da parte della Commissaria europea all’ambiente Jessika Roswall, ufficialmente per motivi tecnici, in quanto la piattaforma informatica a supporto del commercio risulterebbe troppo complicata da usare per importatori e agricoltori. In realtà, le motivazioni sono piuttosto da ascrivere alle pressioni dei partiti di centro-destra e dei produttori agricoli, per cui non sarà facile trovare un equilibrio in grado di conciliare le esigenze del settore e la tutela delle foreste ad ogni latitudine.
Altra importante partita è la Direttiva Ue 2024/1760, cosiddetta “due diligence”. Con questa normativa si obbligano le aziende (anche extra-europee) che vendono i loro prodotti sui mercati Ue a verificare che i loro fornitori rispettino i diritti umani, le condizioni di lavoro e l’ambiente. Un eccellente antidoto al “dumping sociale” per impedire che arrivino prodotti a basso costo realizzati sfruttando i lavoratori o inquinando senza limiti. Una misura di civiltà che però, in nome della semplificazione dell’attività delle imprese, pur doverosa e benvenuta, rischia di vedere trasformato un principio sacrosanto in un’occasione di “deregulation”.
Da regole più semplici a regole più deboli, insomma, il passo può essere breve. E non è un caso che, nell’ambito dell’accordo sui dazi tra Trump e Von der Leyen, proprio queste normative siano finite sul tavolo delle trattative, con impegni delle autorità europee affinché esse non “penalizzino” (qualunque cosa questa parola voglia dire) le imprese americane.
Il pericolo, oggi, è che l’Europa compia passi indietro, proprio dopo aver realizzato uno sforzo storico per mettere la sostenibilità a tutto campo al centro delle politiche, coerentemente con i desideri della stragrande maggioranza dei cittadini, italiani compresi, l’80% dei quali si dichiara favorevole a norme che rendano le imprese più responsabili (vedi lo studio "The Perception of Sustainable Development by Europeans" condotto dal network europeo di UN Global Compact e presentato al Leaders Summit 2025 a New York), anche se molte forze politiche sembrano muoversi nella direzione opposta.
Insomma, in queste settimane si decide un pezzo importante del nostro futuro. Peccato che nel nostro Paese non se ne parli, che non stimoli un serio dibattito politico. Ma noi, lo sappiamo, siamo molto bravi a lamentarci a posteriori di quello che si decide in Europa, e quindi continuiamo così.
"Scegliere il futuro" è una rubrica realizzata in collaborazione con Radio Radicale. Ascolta l’audio.
