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Evento sul Goal 2: il sistema alimentare va costruito sulle buone pratiche
Impegno delle imprese per sistemi alimentari sostenibili, politiche locali del cibo, diete sane e lotta agli sprechi. Sono i temi al centro delle riflessioni e delle best practice dell’incontro nazionale sull’agroalimentare. 1/10/21
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L’evento nazionale “Food systems summit 2021: risultati e prospettive per l’Italia”, dedicato all’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite (sconfiggere la fame), si è svolto giovedì 30 settembre presso l’Auditorium del Palazzo delle Esposizioni e in diretta streaming. Organizzato dal Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 2, è stato il primo evento nazionale di dibattito della società civile attorno agli esiti del Food systems summit: un’occasione per recepire i risultati del Vertice, attivando canali di dialogo con le istituzioni rispetto alle implicazioni per l’Italia.
A moderare l’evento, Luigi Chiarello, caposervizio di ItaliaOggi, che ha aperto la mattinata riportando le parole di Papa Francesco dette in occasione della giornata internazionale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari: “Scartare cibo significa scartare persone”.
L’introduzione è stata affidata a Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, che ha evidenziato la multidimensionalità dell’Obiettivo 2, che accanto all’obiettivo di sconfiggere la fame, mira a migliorare la nutrizione e trasformare la filiera alimentare. “Il sistema di produzione e consumo del cibo è certamente tra i settori che hanno una più forte correlazione con quei fattori di lungo periodo che caratterizzano gli scenari futuri. Esiste una relazione biunivoca del cibo con i cambiamenti climatici. I sistemi alimentari di tutto il mondo sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas effetto serra di origine antropica” ha dichiarato Mallen. “Il Rapporto annuale che abbiamo presentato in occasione dell’apertura del Festival, mostra un andamento stabile del Goal 2. Alta è l’ambizione dell’Unione europea che mira non soltanto a riformare il mercato interno ma a diventare uno standard globale in materia di sostenibilità e responsabilità sociale. Entro il 2030 il piano della commissione europea “From farm to fork” mira a trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sano, equo e sostenibile attraverso, tra le altre cose, la riduzione dell’uso dei pesticidi e aumentando la quota del biologico”.
Giorgio Marrapodi, direttore Generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri, ha raccontato i risultati del Food systems summit tenutosi a New York, riassumendoli nel messaggio con cui il segretario Generale delle Nazioni Unite ha concluso il summit: “Si riconosce la necessità di costruire un sistema alimentare basato sulle buone pratiche. Non esiste un “one size fits all”, nessuna ricetta facile, nessuna soluzione valida per tutti, ma esiste una consapevolezza della complessità da cui non dobbiamo allontanarci. Esiste una interconnessione fra tutti i 17 Obietti di sviluppo sostenibile, una trama su cui i sistemi alimentari prosperano, basandosi su un obiettivo comune, porre la persona al centro dello sviluppo, che includa la conoscenza di chi la terra la conosce e la lavora”, ha concluso.
Graziella Romito, dirigente Rapporti internazionali ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, ha dato testimonianza dei risultati del G20 agricolo di Firenze del 17 e 18 settembre. “I ministri dell’Agricoltura del G20 hanno ribadito fortemente la necessità di dare un equilibrio alle tre dimensioni dello sviluppo: sociale, ambientale ed economico. Sono stati presi impegni nel promuovere la ricerca, come motore della crescita e della sostenibilità” ha dichiarato. “L’Italia e il ministero delle Politiche agricole stanno lavorando al nuovo piano strategico nazionale, che sarà applicato a partire dal 2023, e sarà in linea con gli obiettivi portati avanti dall’Europa”.
A seguire, tre panel articolati in base alle tematiche dei dialoghi indipendenti collegati alle iniziative italiane verso il Food systems summit, introdotti dai rispettivi curatori.
Il primo, dedicato al ruolo e agli impegni che le imprese sono chiamate ad assumere per trasformare il comparto alimentare al fine di renderlo più sostenibile, è stato introdotto da Angelo Riccaboni, docente dell’Università di Siena e Co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2. “Le imprese sono state e sono parte del problema, ma le imprese possono e devono essere parte della soluzione. Il tavolo di lavoro sulle imprese predisposto dal ministero degli Affari esteri è riuscito a raggiungere importanti risultati: creare un decalogo condiviso dalle associazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori del settore agroalimentare, con cui le imprese si impegnano a trasformare la filiera agroalimentare; realizzare un sistema per la promozione delle buone pratiche; supportare le imprese a realizzare dei self-assessment per capire quante sono allineate rispetto agli SDGs”.
A seguire, la tavola rotonda ha visto la partecipazione di esponenti del mondo imprenditoriale. Diana Lenzi, presidente del Conseil européen des jeunes agriculteurs (Ceja), ha affermato: “A livello europeo abbiamo un problema di ricambio generazionale. Due milioni di giovani agricoltori è un numero insufficiente se paragonato al fatto che in Europa l’11% dell’aziende agricole è gestito da under 40”.
È poi intervenuta Francesca Petrini, dell’omonima fattoria Petrini: “Per curare l’attenzione all’ambiente e alla salute umana, abbiamo iniziato a produrre olio biologico, nato per rispondere ad uno specifico target nutrizionale: tutti quei soggetti che hanno problemi a carico del tessuto osseo. In Italia non abbiamo un grande problema di sicurezza alimentare, quanto piuttosto della qualità del cibo. Molto spesso mangiamo senza assumere i giusti nutrienti per essere in salute”.
Ha proseguito la discussione del panel Gualberto Ricci Curbastro, dell’azienda agricola Ricci Curbastro: “La nostra azienda rappresenta un esempio dal punto di vista della sostenibilità: abbiamo abbandonato l’uso di erbicidi, puntiamo su un’agricoltura attenta al territorio, e usiamo centraline metereologiche. Le nostre azioni in favore della sostenibilità sono validate da una certificazione Equalitas. Affrontare la sostenibilità sui tre pilastri (ambientale, etico ed economico), certificandoli, diventa un obbligo fondamentale verso i nostri consumatori. Anche quando dobbiamo scegliere un nuovo fornitore, la prima domanda che ci poniamo è quali vantaggi può darci a migliorare la nostra sostenibilità”.
Cristiana Smurra, imprenditrice dell’azienda di agricoltura sostenibile Biosmurra, ha poi raccontato: “Ho ereditato questa piccola azienda di famiglia dopo la morte di mio padre. Da subito ho capito quanto fosse importante introdurre il concetto di responsabilità sociale, coniugandolo con la responsabilità ambientale. Abbiamo la fortuna di poterci interfacciare con i consumatori e con loro riusciamo a percepire il giusto prezzo che permette di garantire a tutti gli attori la giusta equità”.
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Il secondo panel della mattinata, dedicato all’importanza delle reti, delle pratiche e delle politiche locali del cibo, è stato introdotto da Giaime Berti, della Scuola superiore sant’Anna, che si è concentrato sui sistemi locali del cibo e sui risultati dei dialoghi indipendenti svolti il 17 e 18 giugno scorso. “Il nostro è un sistema di piccole imprese, incentrato sulle imprese famigliari e sulla diversità dei territori. L’innovazione ha una direzionalità, si può innovare per trasformare ma anche per conservare. Abbiamo bisogno di politiche tagliate sulle esigenze locali, bisogna parlare di politiche integrate, capaci di agire su un sistema multilivello”.
Ad animare la tavola rotonda, Ivana Borsotto, presidente Focsiv, Roberto Capone, amministratore principale del Centre International de Hautes études agronomique méditerranéennes (Ciheam) di Bari, Davide Marino, Università del Molise, Rete italiana delle politiche locali del cibo, ed Eleonora Sirsi, Università di Pisa, coordinatrice del tavolo “Cibo” della Rete delle università per lo sviluppo sostenibile.
Ivana Barsotto ha affermato: “Secondo il nostro punto di vista, nell'ambito del Summit c’è stata poca valorizzazione del ruolo del Comitato mondiale per la sicurezza alimentare, garante delle piccole reti locali di coltivatori e produttori. La Fao ha dichiarato che l’agricoltura famigliare produce un terzo dell’agricoltura del mondo. Dare rappresentanza a livello internazionale di questi piccoli mondi è molto importante. Siamo testimoni del meccanismo per cui la produzione di cibo influisce sui cambiamenti climatici. Nel 2020, una superficie pari a Francia e Germania è stata sottratta alle popolazioni locali per monoculture, contribuendo all’impoverimento delle popolazioni”.
È poi intervenuto Roberto Capone: “Il Piano di azione integrato del Ciheam sulla sostenibilità dei sistemi alimentari poggia sulla dieta mediterranea, come leva per legare la produzione al consumo sostenibile. Concordiamo sulla necessità di una trasformazione verso sistemi alimentari sostenibili. In primo luogo è emersa la necessità di studiare i meccanismi che ne regolano la sostenibilità attraverso un approccio integrato basato su pilastri economici, sociali e ambientali e non concentrandosi su uno di essi. Non possiamo mangiare e sprecare cibo così come lo facciamo oggi”.
Davide Marino ha proseguito il dibattito del panel: “Sappiamo che oggi circa un miliardo di persone soffre la fame, altri due miliardi soffrono per malattie legate al cibo, come obesità e diabete. Mi domando: un sistema in cui metà della popolazione mondiale ha problemi nutrizionali, possiamo considerarlo democratico? Stiamo per pubblicare una ricerca secondo cui, contabilizzando tutti i benefici e i costi di una dieta, la dieta mediterranea è molto più sostenibile sotto tutti i punti di vista”.
Eleonora Sirsi ha affermato: “Come gruppo di lavoro ‘Cibo’ Rus, abbiamo individuato tre azioni su cui lavorare per migliorare il consumo di cibo. Il primo aspetto che abbiamo sviluppato è mappare le pratiche quotidiane, ci siamo chiesti ‘cosa si fa nelle università italiane per fare in modo che si consumi al meglio il cibo? Quali sono gli appalti con cui le università acquistano il cibo?’ Il secondo aspetto su cui stiamo lavorando coinvolge gli studenti, attraverso dei questionari che si concentrano su cosa sanno gli studenti sul cibo. La terza azione concreta è la creazione di alcuni vademecum, in modo da diffondere fra le università le migliori pratiche adottate dai singoli atenei nei vari aspetti del cibo nelle università: produzione, consumo e distribuzione”.
Ha fatto seguito al secondo panel l'intervento dello chef Igles Corelli, in collegamento da una cucina del Gambero Rosso, che ha mostrato come preparare una ricetta circolare.
Ad anticipare l’ultima sessione, dedicata allo spreco di cibo, Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come l’Italia abbia una grande sensibilità sui temi agroalimentari, come dimostrato anche dalla volontà di ospitare il pre-summit di fine luglio. Parlando poi di cosa ci aspetta dopo il Food systems summit, ha voluto lanciare una provocazione affermando che “una delle vere sfide che abbiamo davanti è che non possiamo rispondere alla trasformazione ecologica, alla transizione alimentare, con ricette omologanti, anche delle diete”. Martina ha poi proseguito ricordando che oggi il rischio che corriamo è che, tra questione climatica e sanitaria, la questione alimentare vada sotto traccia. Inoltre, ha affermato che “non possiamo vivere la dieta mediterranea come una dieta museale, ma bisogna farla vivere in una logica evolutiva”. Ha poi ricordato che “oggi in tante parti del mondo il cittadino/consumatore ha determinato un cambiamento delle abitudini alimentari; ma in tante altre parti del mondo, i cittadini non hanno capacità di scelta, c’è un tema di sussistenza, non garantita, che porta con sé responsabilità diverse”. Martina ha concluso il suo intervento affermando: “Il summit si è concluso dicendo ‘Back to Rome’, Roma diventa protagonista dei lavori post summit: lotta allo spreco, trasformazione agro-ecologica, diete per l’infanzia, tecnologie e innovazione per tutti. Adesso tocca a noi”.
Ad introdurre il terzo panel, dedicato a perdite, eccedenze e spreco alimentare: verso una dieta sana e sostenibile, Andrea Segrè, Università di Bologna. “L’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030 ci dovrebbe portare ad una riduzione dello spreco del cibo del 50%, ma senza un sistema consolidato di monitoraggio e delle azioni correttive, rischiamo che gli obiettivi rimangano solo parole. Grazie al nostro monitoraggio internazionale, Waste watcher, abbiamo cercato di capire quanta consapevolezza c’è rispetto al tema dello spreco e della dieta, e quali sono le azioni che possiamo mettere in campo. L’Italia spreca a livello domestico molto meno degli americani e dei cinesi. A livello internazionale però percepiamo solo lo spreco economico legato allo spreco alimentare. Abbiamo perso il contatto con il valore del cibo”.
Ad animare il dibattito Stefania De Pascale, vicepresidente del Crea, Marco Lucchini, Fondazione Banco alimentare, e Ludovica Principato, Fondazione Barilla center for food and nutrition.
Stefania De Pascale ha affermato che “dietro un buon cibo c’è una buona agricoltura. La ricerca scientifica assieme all’innovazione sono in prima fila nel guidare la transizione ecologica. La ricerca però non basta, sono necessari investimenti in infrastrutture, in logistica, in modelli e strategie ad hoc”.
Marco Lucchini è intervenuto evidenziando il valore sociale del recupero di cibo: “l’Italia è uno dei Paesi all’avanguardia sul tema della gestione delle eccedenze alimentari. Molte ricette che mangiamo tutti i giorni vengono dal recupero di cibo. Tutta la filiera agroalimentare può insegnarci qualcosa. L’anno scorso siamo riusciti a recuperare più di 46mila tonnellate di cibo, sostenendo più di 7mila associazioni, raggiungendo più di 2 milioni di persone. Abbiamo coniugato le parole con i fatti”.
Il panel è stato chiuso da Ludovica Principato: “Lo spreco di cibo, immaginato come un Paese, è il terzo emettitore di gas serra al mondo dopo Cina e Stati Uniti. Per raggiungere sistemi alimentari sostenibili dobbiamo puntare su tre aspetti chiave: innovazione, diete sostenibili e lotta allo spreco di cibo. Sprechiamo tutti quei cibi che hanno un alto valore nutritivo. Ognuno di noi spreca 65 kg di cibo, questo cibo potrebbe apportare una dieta sana per oltre 18 giorni”.
A concludere i lavori, Angelo Riccaboni, che ha ringraziato tutti i partecipanti e sottolineato che i lavori andranno avanti. “Sul Goal 2 abbiamo fatto grossi passi in avanti, come la riduzione dei pesticidi e dei fertilizzanti, abbiamo una percentuale di coltivazione biologica doppia rispetto alla media europea, ma c’è ancora tanta strada da fare”.
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di Tommaso Tautonico