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L’Italia e il Goal 1: povertà assoluta mai così alta dal 2005
Il 9,4% delle persone non riesce ad acquistare i beni e servizi essenziali per una vita dignitosa, mentre oltre un milione di minori vive in condizioni di povertà. Serve una migliore gestione del Rem e del RdC. 1/11/21
Il Rapporto ASviS 2021, in riferimento al Goal 1 (Sconfiggere la povertà) rileva una situazione particolarmente critica: nel 2020, infatti, si è registrato il peggior risultato sulla povertà assoluta da 15 anni. Tra le cause, come prevedibile, l’effetto sul reddito generato dal Covid-19. Il Rapporto osserva però al contempo che “le misure straordinarie messe in campo dal governo durante la pandemia hanno contribuito considerevolmente ad attenuare l’impatto negativo che questa ha avuto sul rischio di povertà”. L’Istat stima infatti che le azioni di contrasto a questo fenomeno abbiano ridotto nel 2020 il rischio di povertà dal 19,1 al 16,2% (nonostante oltre un milione di minori viva attualmente in povertà assoluta). Al calo hanno contribuito tanto le azioni già in essere (Reddito di cittadinanza e Cassa integrazione, in misura pari allo 0,8%) quanto quelle introdotte durante l’emergenza (Reddito di emergenza e Bonus autonomi, in misura pari al 2,1%).
Se la povertà dei redditi è aumentata in misura minore di quella che si sarebbe verificata in assenza di questi provvedimenti, lo stesso non si può dire per la povertà dei servizi. L’accesso alla didattica a distanza è stato influenzato dalla condizione socioeconomica delle famiglie, nonché dai gap in termini di infrastrutture digitali esistenti nel Paese, generando forti disuguaglianze. Anche l’accesso ai servizi sanitari ha risentito dei marcati divari territoriali già presenti prima della pandemia, aggravati dall’eterogeneità con la quale il Covid-19 ha colpito i diversi territori italiani. “Per il futuro, è necessario adottare un approccio multidimensionale al tema delle politiche contro la povertà, in grado di tenere conto tanto della povertà dei redditi quanto di quella dei servizi”, si legge nel Rapporto.
L’Europa e il Goal 1
Secondo l’indicatore composito, la differenza tra il best performer (Repubblica Ceca) e il worst performer (Grecia) dei Paesi europei è pari a 22,1 punti. La Bulgaria è la nazione che registra il miglioramento più significativo tra il 2010 e il 2019, grazie alla netta riduzione delle persone a rischio povertà – che sono passate dal 49,2% nel 2010 al 39,8% nel 2019 – e delle persone che vivono in condizioni di deprivazione materiale (dal 45,7% al 20,9%). Il Lussemburgo, invece, misura la variazione negativa maggiore tra il 2010 e il 2019, dovuta all’aumento del rischio di povertà degli occupati. L’Italia, tra il 2010 e il 2019, evidenzia una sostanziale stabilità: durante il 2019, però, ha registrato una delle situazioni più critiche dell’Unione europea, principalmente a causa della maggiore quota di persone povere o socialmente escluse (25,6% contro il 20,9% dell’Ue).
La lista completa degli indicatori di base sui quali sono costruiti gli indicatori compositi europei è consultabile qui.
L’Italia e il Goal 1
Per quanto riguarda la situazione specifica del Goal 1 nel nostro Paese, l’indicatore composito registra un andamento negativo fino al 2016, causato dal deterioramento di tutti gli indicatori analizzati, specialmente quello relativo alla povertà assoluta. Dal 2016 al 2019 si osserva una tendenza positiva, grazie al miglioramento della grave deprivazione materiale e delle persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali.
Nel 2020 l’indicatore, però, registra gli effetti della crisi pandemica e riporta un netto peggioramento. Si può infatti notare una maggiore diffusione delle condizioni di povertà, osservando in particolare un incremento della povertà assoluta (che aumenta di 1,7 punti percentuali, attestandosi così al 9,4%, il valore peggiore di tutta la serie storica). Nello stesso anno si può osservare anche una riduzione della povertà relativa familiare (che passa dall’11,4% nel 2019 al 10,1% nel 2020). Questo trend è dovuto, come evidenziato dal rapporto “Le statistiche dell’Istat sulla povertà”, alla marcata riduzione della soglia con cui si calcola la povertà relativa familiare (1.001,86 euro da 1.094,95 del 2019), imputabile al consistente calo della spesa media mensile familiare per consumi, che al 2020 si attestava a -9%. Questo implica che alcune delle famiglie che si trovavano in povertà nel 2019 siano considerate attualmente fuori da questa condizione, sebbene la loro situazione non sia sostanzialmente cambiata.
La lista completa degli indicatori di base sui quali sono costruiti gli indicatori compositi nazionali è consultabile qui.
Le proposte dell’ASviS su “Sconfiggere la povertà”
- Unificare nel post-pandemia le misure del Reddito di emergenza (Rem) e del Reddito di cittadinanza (Rdc), integrando gli aspetti migliorativi del Rem (come, per esempio, l’abbassamento dei requisiti immobiliari e l’eliminazione del criterio di cittadinanza comunitaria) all’interno dell’impianto del Rdc. Il Rapporto ha infatti registrato che la maggiore generosità del Rem rispetto al Rdc e la parziale sovrapposizione con quest’ultimo hanno determinato situazioni potenzialmente inique: ad esempio, persone aventi lo stesso reddito hanno beneficiato di prestazioni diverse. Inoltre, il take up della misura è stato piuttosto basso (41% al dicembre 2020), complici una scarsa campagna di informazione e procedure di richiesta troppo complesse.
- Rivedere l’assetto del Superbonus, la principale misura introdotta dal Pnrr in materia di efficientamento energetico di abitazioni private (finanziata fino al 2023), in chiave più re-distributiva, rendendola progressiva e semplificando ulteriormente le procedure. Il provvedimento presenta al momento forti caratteri regressivi, dovuti al fatto che non risulta parametrato al reddito e a causa degli ostacoli burocratici nella richiesta, che penalizzano fortemente i condomini, in cui è maggiore la concentrazione di famiglie a basso reddito.
- Investire nella qualità dell’istruzione, oltre che nell’orientamento universitario, veicolando le risorse verso il capitale fisico (ammodernamento delle strutture) e verso il capitale umano (formazione dei docenti). Questi investimenti dovranno rivolgersi prioritariamente al Mezzogiorno, dove la qualità dell’istruzione fornita è peggiore. “Positiva è infine la volontà di rafforzare il sistema di formazione professionale terziaria (Its)”, si legge nel Rapporto, “attraverso un capitolo di spesa e una riforma dedicata”.
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di Flavio Natale
Il Rapporto ASviS 2021 “L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, presentato il 28 settembre in occasione dell’evento di apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile, valuta i progressi rispetto ai 17 Goal dell’Agenda 2030 e avanza proposte concrete, condivise dagli esperti delle organizzazioni aderenti all’Alleanza, per portare l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile a livello ambientale, sociale, economico e istituzionale. |