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Il Parlamento europeo dà il via libera alla legge per il ripristino della natura
Con 336 voti favorevoli l’Europarlamento dice sì alla Nature restoration law, che intende ripristinare il 20% delle aree marine e terrestri dell’Unione. L’ultimo studio della Banca mondiale sul tema. 12/7/23
Con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti, al Parlamento europeo passa la Nature restoration law, il provvedimento con cui la protezione della natura e il ripristino degli habitat europei diventano un obbligo di legge. Si tratta di un esito che non era affatto scontato e che arriva dopo settimane di discussione, basti pensare che per il semaforo verde sono serviti anche 21 voti arrivati tra i membri del Partito popolare europeo che hanno votato in aperto contrasto con la linea del partito. In generale, i partiti di destra si sono dichiarati contrari alla legge, mentre le sinistre hanno votato in modo favorevole. Tra i contrari anche il governo italiano che, attraverso i suoi europarlamentari, aveva annunciato il voto contrario. Ora potranno iniziare i negoziati legislativi con il Consiglio Ue, per arrivare al via libera definitivo prima del voto nel 2024, con cui gli Stati membri avrebbero due anni per presentare alla Commissione i piani di ripristino nazionali.
La legge, che rientra nel più ampio pacchetto del Green deal europeo, intende ripristinare almeno il 20% delle aree marine e terresti entro il limite del 2030. Un’esigenza, quella di tutelare la natura e le sue funzioni, che nasce dal fatto che l’81% dei paesaggi protetti in Europa è in uno stato di degrado, come ricorda l’Agenzia europea per l’ambiente, e che, in generale, tra il 60% e il 70% del suolo in Europa sia già oggi in condizioni di degrado, come conferma lo studio del movimento Save soil. Il degrado del suolo, inoltre, costa all'Unione 50 miliardi di euro all'anno e mette a rischio la capacità di produrre derrate alimentari.
Sul tema la Federazione italiana di scienze della natura e dell’ambiente (Fisna) aveva pubblicato “il Manifesto per la Nature restoration law” definendo la proposta di legge come “la più grande occasione per rigenerare la natura d’Europa e garantire sostenibilità, futuro e benessere ai suoi cittadini”. Al Manifesto hanno aderito oltre 220 organizzazioni tra cui enti, università, istituti e associazioni come Wwf Italia, Greenpeace e Legambiente. Negli scorsi giorni, la Banca mondiale ha pubblicato un rapporto che mette in evidenza proprio l’importanza della natura per l’uomo. Di seguito i messaggi contenuti nello studio.
Lo studio della Banca mondiale
Il cambiamento climatico, la produttività economica, la sicurezza alimentare e idrica, i pericoli per la salute, rappresentano alcune delle sfide globali che potrebbero essere vinte se utilizzassimo le risorse naturali in maniera più efficiente. Le azioni di tutela e ripristino del capitale naturale potrebbero inoltre garantire la prosperità del genere umano nei prossimi decenni.
A sostenerlo è il rapporto della Banca mondiale “Nature's frontiers: achieving sustainability, efficiency, and prosperity with natural capital”, pubblicato il 27 giugno, che attraverso la combinazione di conoscenze scientifiche, dati e modelli biofisici ed economici offre una nuova visione sullo sviluppo sostenibile.
"Questo lavoro ci sta aiutando a capire cosa sta succedendo a livello nazionale e come i Paesi possono raggiungere i propri obiettivi di sviluppo senza sacrificare la biodiversità o l’equilibrio climatico - ha affermato Richard Damania, capo economista della Banca mondiale per lo sviluppo sostenibile -. Ci sono azioni che i Paesi possono intraprendere ora per dare alla loro gente una vita migliore mantenendo un Pianeta vivibile”.
I messaggi chiave
Con i Paesi costretti ad affrontare tante sfide, e spesso con budget limitati, incidere sulle inefficienze resta uno dei modi economicamente convenienti per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Lo studio individua una serie di questione definite “divari di efficienza” da colmare attraverso un approccio basato su sei punti.
- Per la maggior parte dei Paesi a basso reddito è possibile aumentare significativamente il rendimento economico senza sacrificare la qualità ambientale.
- L’uso più efficiente dei terreni, evitando per esempio le pratiche di deforestazione, oltre a donare grossi benefici economici (soprattutto nei Paesi tropicali a basso reddito) potrebbe portare allo stoccaggio da parte degli ecosistemi di ulteriori 85,6 miliardi di tonnellate di CO2: un risultato che equivale a circa due anni di emissioni globali (1,7 anni).
- Da una migliore allocazione e gestione della terra, dell'acqua e di altre risorse di vitale importanza per l’umanità, si potrebbero poi raggiungere due importanti obiettivi: ricavare un aumento del reddito annuo nel settore agricolo (pascoli e silvicoltura compresi) di circa 329 miliardi di dollari; e far aumentare la produzione alimentare a un livello sufficiente a sfamare il mondo da qui al 2050. Si stima che attraverso strategie di coltivazione più virtuose è possibile ridurre l'impronta terrestre dell'agricoltura e aumentare le calorie globali prodotte di oltre il 150%.
- Grazie alle politiche volte alla riduzione dell’inquinamento atmosferico si potrebbero ridurre i costi associati alle patologie e alle morti premature a causa dello smog del 60%. 63 Paesi esaminati dallo studio (Italia compresa) hanno speso nell’ultimo anno un totale di 220 miliardi di dollari per il contrasto all’aria inquinata: in pratica lo 0,6% del loro Pil annuo.
- Sempre sull’inquinamento atmosferico, se i Paesi avessero usato la stessa quantità di denaro per implementare politiche più efficienti – invece che combattere la quantità di agenti inquinanti in atmosfera - avrebbero evitato ulteriori 366mila morti premature ogni anno: un miglioramento del 20% rispetto all'attuale livello di morti premature evitate.
- Dall’analisi emerge che i Paesi più ricchi sono più efficienti nell’abbattere gli agenti inquinanti in atmosfera, ma va anche ricordato che essere un Paese ad alto reddito non garantisce automaticamente una tale prestazione: servono politiche mirate sulla qualità dell’aria.
Il mix di politiche individuate dalla Banca mondiale offre una tabella di marcia diversificata che ogni Paese può scegliere in base alle proprie esigenze ambientali e di sviluppo. "Si tratta di un lavoro pionieristico che aiuterà a integrare il valore che la natura fornisce alla società nelle decisioni più importanti - ha dichiarato Steve Polasky, professore di economia ecologica dell’Università del Minnesota, tra gli autori dello studio -. Gli strumenti innovativi sviluppati per questo Rapporto sfruttano i dati ambientali ed economici globali per fornire ai decisori informazioni utilizzabili per decisioni politiche, finanziarie e gestionali".
Infine la Banca mondiale sottolinea che seguire l'approccio descritto nello studio comporterà una serie di riforme del sistema politico e la mobilitazione di grossi investimenti. Investimenti che però sarà conveniente fare sotto ogni punto di vista, anche quello economico, dato che i costi dell’azione saranno molto più bassi dei costi dell’inazione.
Scarica il Rapporto della Banca mondiale
di Ivan Manzo