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Degrado del suolo: la crisi esplosa ma di cui nessuno parla
In Europa tra il 60% e il 70% dei suoli è in uno stato di degrado, a livello globale la percentuale è al 52%. Entro 60 anni potremmo perdere le terre coltivabili. L’unica via è aumentare il contenuto organico nel terreno. 27/12/2022
Il degrado del suolo è “l’elefante nella stanza” che ancora nessuno nota. Se di crisi climatica, di inquinamento, di pratiche nocive di deforestazione si parla sempre di più, solo in pochi affrontano e descrivono una crisi delle stesse proporzioni: quella del suolo, che ha investito l’intero pianeta. Una sfida enorme che va vinta nell’immediato, come sottolinea l’ultimo lavoro di Save soil, movimento globale di Conscious planet per “risvegliare l'attenzione dei cittadini sullo stato del suolo e sollecitare i governi ad agire”, dal titolo “Soil revitalization – Global policy draft and solutions handbook”.
Lo studio si completa con i suoi “manuali di politica globale” suddivisi per sette aree geografiche: Africa, Asia, Europa, America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Nord Africa, Nord America e Oceania. Si tratta di documenti che forniscono raccomandazioni pratiche e scientifiche che i governi possono adottare al fine di rivitalizzare il suolo della propria nazione. Un vademecum di pratiche specifiche di gestione sostenibile del suolo per 193 Paesi, nel quale vengono suggeriti 700 metodi diversi per la rigenerazione dei terreni agricoli.
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Rivitalizzare il suolo nel mondo. Secondo l’Unccd (Convenzione Onu contro la desertificazione) dobbiamo rigenerare entro il 2030 almeno un miliardo di ettari di terreno. Ogni ulteriore secondo che passa perdiamo un acro di terreno fertile, di questo passo per l’Onu potremmo avere al massimo altri 60 anni di terre coltivabili. Ciò significa che nel prossimo futuro l'agricoltura non produrrà cibo sufficiente per una popolazione in costante crescita, dato che si stima che entro il 2050 saremo circa dieci miliardi di persone (rispetto agli otto miliardi del 2022). Perdiamo suolo, dunque, nel momento in cui dovremmo incrementare la produzione agricola: facendo così “stiamo silenziosamente ma inesorabilmente accelerando verso disastrose carestie su scala globale”.
Save soil ricorda che il 52% dei terreni agricoli nel mondo è già in una condizione di degrado. Se le tendenze attuali non vengono arrestate, addirittura il 90% della superficie terrestre potrebbe essere degradata entro il 2050 e, considerando che il 95% del cibo che mangiamo proviene dalla terra e che l'87% della biomassa del pianeta è di origine terrestre, la continua distruzione del suolo rischi di avere “implicazioni davvero terrificanti per la vita sulla Terra”.
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La prima causa di degrado è l’agricoltura convenzionale. In generale, lo stato di deterioramento del suolo è il risultato dell'agricoltura convenzionale. Gli attuali sistemi agricoli e alimentari – come quello degli allevamenti - spesso considerano il suolo come un materiale inerte, rifiutando di riconoscerlo come un ecosistema vivente, dove abitano microbi, batteri, funghi, vertebrati, lombrichi, e tanti altri organismi, che interagiscono con la vita vegetale contribuendo a generare le sostanze nutritive nel suolo.
Nel 2022 circa 826 milioni di persone, suddivise in 92 Paesi, non hanno avuto accesso al cibo in modo sicuro. Se non cambiamo il modo in cui interagiamo con l’ambiente, il futuro sarà più cupo, basti pensare che secondo la Fao l'insicurezza alimentare “moderata o grave” a livello globale è aumentata gradualmente tra il 2014 e il 2020, e colpisce oltre il 30% dell'umanità.
Oltre a questo, il degrado del suolo genera anche grossi impatti economici, basti pensare che la “minor produttività” dei terreni agricoli si traduce in una perdita stimata tra i 235 e i 577 miliardi di dollari l’anno. Secondo la comunità scientifica c’è solo un modo per invertire questa pericolosa tendenza: aumentare gradualmente il contenuto organico presente nel terreno. Il range di sicurezza è fissato tra il 3% e il 6%, intervallo individuato per poter definire un suolo in buono stato e cioè capace di offrire all’uomo quei servizi ecosistemici – come il cibo – di cui ha bisogno per vivere. La grande sfida, ricorda però il movimento Conscious planet, sarà anche quella di sensibilizzare il grande pubblico, raccogliendo così il sostegno necessario per contrastare un fenomeno che mette a rischio la qualità degli ecosistemi e il benessere dell’intera collettività.
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Il focus sull’Europa. La situazione europea è descritta dal manuale di riferimento. Il degrado del suolo costa all'Unione 50 miliardi di euro all'anno. Inoltre il fenomeno dell’erosione incide negativamente sulla produttività agricola annua per circa 1,25 miliardi di euro. In un documento del Joint research centre viene stimato che circa il 75% di tutte le terre coltivate dell'Ue contiene meno del 2% di carbonio organico. Un fattore che si traduce in una perdita della sostanza organica contenuta nel terreno, oggi inferiore all’importante soglia del 3%.
Nel suo lavoro Save soil ricorda inoltre che circa l'11,4% del territorio Ue è interessato dall’erosione idrica che va da moderata (fino a cinque tonnellate per ettaro all'anno) a grave (oltre cinque tonnellate per ettaro all'anno), e oltre il 24% dei terreni e quasi un terzo delle aree agricole presentano tassi di erosione superiori a quelli sostenibili (due tonnellate per ettaro all'anno). Se aggiungiamo al fenomeno dell’erosione anche gli altri che concorrono al deterioramento, si stima che tra il 60% e il 70% del suolo in Europa sia oggi in condizioni di degrado.
Un tool per la sostenibilità dei terreni. Save soil, infine, sul suo sito ha sviluppato uno strumento rivolto soprattutto agli agricoltori – questo il link - per cambiare le politiche e le strategie di coltivazione in ogni nazione. L’utilizzo è semplice: dopo aver scelto un Paese di riferimento si può analizzare la zona agroecologica e individuare quali pratiche possono essere (o sono) adottate sulle coltivazioni tipiche della zona. Obiettivo: favorire la gestione sostenibile dei suoli.
Scarica lo studio di Save soil
di Ivan Manzo