Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Sussidi ai fossili, nuovo record: nel 2022 almeno 7mila miliardi di dollari

Secondo l’ultimo studio del Fmi continuano ad aumentare gli aiuti destinati al settore fossile. Cina, Stati Uniti, Russia, Unione europea e India i maggiori sostenitori, i sussidi ai carburanti sono più che raddoppiati.  12/9/23

Almeno 7mila miliardi di dollari. È la cifra “monstre” di cui ha beneficiato il settore dei combustibili fossili a livello globale nel 2022 in termini di sussidi elargiti al carbone, al gas e al petrolio, che di fatto blocca la transizione verso forme di energia più pulite. Un record che si traduce in 13 milioni di dollari al minuto che dalle tasche degli Stati e dei contribuenti vengono trasferiti al comparto che rappresenta la causa principale della crisi climatica. È quanto rivela l’analisi del Fondo monetario internazionale (Fmi) “Imf fossil fuel subsidies data: 2023 update” pubblicata il 24 agosto.

Secondo lo studio attualmente la spesa per i combustibili fossili ammonta a più del 7% del Pil globale e supera di gran lunga quella destinata, per esempio, all’istruzione (è quasi il doppio). “Il taglio dei sussidi ai combustibili fossili deve essere il fulcro degli sforzi nei prossimi anni per riuscire a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C - ha affermato Ian Parry, Principal environmental fiscal policy expert del Fmi - Idealmente ciò avviene attraverso la fissazione del prezzo del carbonio, parte delle entrate derivanti da questo genere di riforme dovrebbe poi essere utilizzata per risarcire le famiglie povere e vulnerabili. Può essere difficile aumentare le tasse sui combustibili fossili quando però i Paesi agiscono unilateralmente, per questo raccomandiamo che i grandi emettitori si coordinino sulla tariffazione del carbonio e su politiche affini per contribuire ad ampliare l’azione globale sul tema”.


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Gli enormi costi dei sussidi

Per capire bene la ricerca del Fmi occorre fare una distinzione tra sussidi diretti e indiretti. I primi vengono concessi dagli Stati per finanziare le tante attività delle aziende fossili o per incentivare l’acquisto da parte dei cittadini di beni e servizi ad alto contenuto carbonico, quelli che generano enormi impatti sul clima. Un esempio è dato dalla risposta che il mondo, e soprattutto l’Europa, ha dato allo scoppio della guerra in Ucraina responsabile dell’aumento consistenze dei prezzi - già però in ascesa – dell’energia basata sulle fonti fossili. La scelta di ridurre il prezzo del carburante si è rivelata iniqua dato che ha portato vantaggi soprattutto per le famiglie più ricche, e a ricordarlo è lo stesso Fmi nel suo studio. I sussidi verso i carburanti sono dunque più che raddoppiati nel 2022, in generale i sussidi diretti sono stati pari a circa il 20% dei sussidi totali concessi lo scorso anno.

L’80% restante è rappresentato dall’altra faccia della medaglia, i sussidi indiretti. Si tratta di tutti quei costi, sociali e ambientali, che le aziende dei combustibili fossili continuano a non pagare e a scaricare sulle spalle dei cittadini in termini di perdita di salute, di degrado ambientale e di inasprimento delle disuguaglianze. Costi che si possono identificare nell’inquinamento atmosferico - secondo il Fmi lo smog provoca 1,6 milioni di morti premature ogni anno -, nella perdita di biodiversità e nell’aggravarsi degli effetti della crisi climatica, tanto per fare qualche esempio.

L’analisi ha evidenziato, inoltre, che benzina e altri prodotti petroliferi hanno rappresentato la metà dei sussidi indiretti nel 2022, con il carbone che rappresenta il 30% e il gas fossile il 20%. I maggiori sovventori dei combustibili fossili sono stati Cina, Stati Uniti, Russia, Unione europea e India. Il carbone, la forma più sporca per produrre energia, è stato particolarmente sovvenzionato: l’80% venduto a meno della metà del suo costo reale.

Infine una nota metodologica. I ricercatori nel lavoro sottolineano che per la stima dei sussidi indiretti è stato utilizzato un metodo conservativo. Se avessero infatti inserito nell’analisi costi più elevati, ma anche più vicini alla realtà, generati dalla crisi climatica, allora il totale dei sussidi sarebbe stato molto più alto, pari ad almeno 12mila miliardi di dollari.


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Promesse mai mantenute, la parola alla Cop 28

Sono ormai anni che i Paesi si sono impegnati a ridurre gli investimenti destinati ai combustibili per combattere la crisi climatica. Al contrario, questi continuano ad aumentare. Il Fmi ricorda che i Paesi del G20, responsabili dell’80% delle emissioni globali di carbonio, continuano a sovvenzionare in modo robusto il settore fossile. Neanche durante l’ultima Cop sul clima, la Cop 27 di Sharm el Sheikhqui per una sintesi –, si è riusciti a porre una data limite sull’uso e sui finanziamenti dei combustibili fossili. Il documento finale registrava infatti un sostanziale fallimento sulle politiche legate al taglio delle emissioni, fallimento ribadito durante la Cop intermedia di Bonn dello scorso giugno: in ambito negoziale siamo fermi solo a una menzione sulla graduale uscita dal carbone e sulla graduale eliminazione dei sussidi alle fonti fossili. Non c’è alcuno stop chiesto a gran voce dalla comunità scientifica e resta la preoccupazione sul prossimo summit. Le premesse, infatti, non sembrano essere delle migliori – qui per una sintesi sulla Cop intermedia di Bonn -, sia per la situazione internazionale, nell’ultimo G20 di Delhi (concluso il 10 settembre) non si è per esempio fatta alcuna menzione della dismissione delle fonti fossili, e sia per una presidenza di turno, quella della Cop 28, poco incline a mettere al bando le fonti fossili (prevista dal 30 novembre al 12 dicembre, la Cop 28 si terrà negli Emirati Arabi, a Dubai, il presidente sarà Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera di casa “Adnoc”).

 

di Ivan Manzo

 

Fonte copertina: lnpdm, da 123rf.com

martedì 12 settembre 2023

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