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Le Pmi italiane sono più consapevoli dell’importanza del welfare aziendale
Il rapporto Welfare index Pmi 2021 di Generali mostra l’impatto crescente delle attività di responsabilità sociale delle imprese sugli stakeholder, sui tassi di occupazione di donne e giovani e sulla crescita economica. 24/9/21
Il welfare aziendale in Italia cresce: secondo i dati raccolti nel rapporto Welfare index Pmi di Generali Italia, pubblicato il 10 settembre, oltre il 64% delle piccole e medie imprese ha superato il livello iniziale[1] e in sei anni le imprese attive sono più che raddoppiate, passando dal 9,7% del 2016 all’attuale 21%. La pandemia di Covid-19, inoltre, ha generato una nuova consapevolezza del ruolo sociale dell’impresa, con due aziende su tre che hanno deciso di rafforzare il proprio impegno sociale nei confronti dei lavoratori (67,5%), e verso la comunità locale e tutta la filiera produttiva (63,1%).
Imprese virtuose. L’indagine 2021, svolta da Generali Italia in collaborazione con Cerved rating agency, ha misurato l’impatto sociale delle politiche di welfare aziendale messe in campo da oltre seimila piccole e medie imprese su tutti gli stakeholder (lavoratori, famiglie, comunità, fornitori, consumatori) in un momento importante per la ripresa economica e sociale del Paese. Il dossier mostra che le aziende hanno intrapreso diverse iniziative virtuose in risposta alla pandemia, per il 42,7% diventate strutturali e permanenti, tra cui: servizi diagnostici per il Covid-19 (43,8%), servizi di consulto anche a distanza (21,3%), nuove assicurazioni sanitarie (25,7%), maggiore flessibilità oraria (35,8%) per conciliare lavoro e vita privata, nuove attività di formazione a distanza (39%), aiuti nella gestione degli anziani (7,2%) e sostegno ai lavoratori e alle famiglie con aumenti temporanei di retribuzione e bonus (38,2%), sostegno all’educazione scolastica dei figli (4,8%), contributi e donazioni alla comunità esterna (16,4%) e sostegni al Sistema sanitario e alla ricerca (9,2%).
Un welfare di comunità. “Le imprese hanno dimostrato che il welfare aziendale oggi può e deve uscire dall’azienda” - ha affermato Marco Sesana, Country manager e ceo di Generali Italia e Global business lines – “e deve guardare non solo ai dipendenti e alle famiglie, ma includere e creare valore per fornitori, territori e comunità. Il maggior numero di iniziative intraprese sostengono le priorità del Piano nazionale di ripresa e resilienza sui grandi asset del Paese con un impatto su salute, donne, giovani, famiglie e comunità”.
Secondo i dati del Rapporto, infatti, le piccole e medie imprese che sostengono le priorità del Pnrr hanno un impatto significativo sulle categorie ritenute fragili: per quanto riguarda la salute, cresce al 92,2% il numero di imprese che considera la salute e la sicurezza dei lavoratori valori centrali nella gestione dell’azienda. Per ciò che riguarda l’occupazione dei giovani, oltre la metà delle aziende più attive nel welfare ha assunto nuovi lavoratori (51,2% a fronte di una media del 39,8%) contribuendo alla mobilità sociale di donne e giovani, mentre l’occupazione femminile è salita al 42% (media pari al 32,5%) nelle imprese più attive nel welfare e sono salite al 45,5% le donne in posti di responsabilità (media pari al 36,2%).
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L’impatto sui lavoratori. L’effetto sulle comunità è riscontrato nel 56% dei casi tramite iniziative sociali. Il welfare aziendale, spiega il dossier, genera un impatto sociale quantificabile, come dimostrano i dati raccolti, e la consapevolezza delle aziende del ruolo di responsabilità sociale dell'azienda è crescente nella maggior parte dei casi tanto che, nonostante la crisi attuale, quasi la metà delle imprese intervistate intende sviluppare il welfare aziendale nel prossimo futuro. Certamente le misure di distanziamento, causate dalla pandemia, hanno aumentato le difficoltà nel coinvolgimento dei lavoratori da parte delle imprese. Nonostante ciò, le iniziative attuate dalle imprese in risposta all’emergenza sono state accolte molto positivamente dai lavoratori: il gradimento è complessivamente positivo nell’88% dei casi. Tuttavia, la conoscenza specialistica da parte delle aziende sul welfare aziendale è molto scarsa. Soltanto una impresa su quattro, infatti, è in possesso di una massa critica adeguata di competenze e informazioni.
Inoltre, soltanto il 30,7% delle imprese comunica in modo completo e sistematico le misure di welfare previste dai contratti nazionali ai loro dipendenti, mentre nel 38,6% dei casi la comunicazione è assente. Per contro, una comunicazione aziendale sistematica e completa distingue le aziende a elevato livello di welfare e raggiunge il 68,6% di quelle con livello molto alto. Il coinvolgimento dei lavoratori, conclude il Rapporto, è fondamentale per ottenere impatti positivi del welfare aziendale: se da una parte il 40% dei lavoratori ha una scarsa consapevolezza dei servizi di welfare aziendale, le imprese con elevati livelli di welfare ottengono risultati occupazionali migliori.
di Viola Brancatella
[1] Il Welfare index Pmi assegna a ogni impresa partecipante all'indagine una misura sintetica del livello di welfare aziendale, su una scala da 0 a 100. La misurazione deriva da un algoritmo di calcolo che prende in considerazione circa 130 variabili rilevate con il questionario, organizzate in dodici principali indicatori di due tipologie.