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Pnrr e nuova Pac per accelerare la transizione del settore agricolo nazionale
L’Annuario dell’agricoltura italiana analizza l’andamento del sistema agro-alimentare evidenziandone vantaggi competitivi, potenzialità e linee evolutive. Il ruolo dell’innovazione per lo sviluppo del comparto. 20/1/22
Il sistema agroalimentare si conferma, anche nel 2020, settore chiave dell’economia italiana e la contrazione del 2,5% del valore della produzione è stata ben al di sotto di quella dell’intero Pil, pari a -8,9%. È il dato che emerge dall’Annuario 2020 del Consiglio per la ricerca e l’analisi dell’economia agraria (Crea) sull’andamento in Italia dell’agricoltura e del sistema agro-alimentare, pubblicato lo scorso dicembre. Il documento conferma il ruolo cruciale di questo settore per la stabilità e lo sviluppo del sistema economico nazionale. Nel complesso, agricoltura e industria alimentare si rivelano la componente largamente dominante del sistema della bioeconomia italiana, con un peso congiunto di oltre il 63% sul fatturato totale, stimato dal Crea in poco meno di 317 miliardi di euro. Un valore che colloca l’Italia, insieme a Germania e Francia, in una posizione di leadership a livello europeo.
Eterogeneità degli agrosistemi. Il Rapporto sottolinea come l’Italia si contraddistingua “per l’enorme ricchezza in capitale naturale legato ai paesaggi agrari grazie alla particolare eterogeneità del territorio e ai millenari processi di produzione agricola che hanno dato vita a numerosissimi agrosistemi”. Il nostro Paese continua a detenere all’interno dell’Unione europea il primato dei prodotti agroalimentari Dop/Igp, cui si aggiungono i 5.333 prodotti agro-alimentari tradizionali, caratterizzati dalla tradizionalità del metodo di lavorazione e dall’elevato valore gastronomico e culturale riconosciuto in ambito nazionale. Il 2020 evidenzia un modesto aumento degli operatori biologici (+1,3%), a causa della fuoriuscita dal sistema di certificazione e controllo di un numero di imprese biologiche superiore a quello degli operatori in entrata in numerose regioni italiane.
Agricoltura 4.0. L’importanza crescente assunta dagli aspetti di sostenibilità ambientale e sociale, la necessità di migliorare l’efficienza della supply-chain alimentare, le pressioni a cui il settore è stato sottoposto durante la pandemia sono alcuni dei fattori che rendono oggi prioritario il tema della tracciabilità alimentare. Cresce parallelamente il ruolo delle soluzioni digitali, che consentono di rispondere adeguatamente alle richieste del legislatore e del consumatore in tema di igiene e salubrità degli alimenti (food safety), ma anche di generare maggiore efficienza e trasparenza lungo l’intera filiera. Per quanto ancora circoscritto il numero delle aziende coinvolte, cresce l’interesse del mercato per l’Agricoltura 4.0, detta anche agricoltura di precisione, e le tecnologie Blockchain & Distributed Ledger: le soluzioni tecnologiche per la tracciabilità alimentare da esse abilitate sono in crescita in Italia da diversi anni (+59% nel 2020).
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Politica finanziaria: Next generation Eu, Pnrr e Pac. Il Rapporto ricorda l’importante opportunità di finanziamento per il mondo agricolo rappresentata dal programma Next generation Eu, i cui fondi sono distribuiti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Di interesse per il tema della gestione delle risorse idriche per i vari usi è la Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” (componente 4), a cui sono dedicati 15 miliardi di euro per interventi sul dissesto idrogeologico, sui grandi schemi idrici e sulle opere di approvvigionamento idrico a scopo idropotabile e/o irriguo e la gestione sostenibile delle risorse idriche e sulle infrastrutture verdi urbane.
La transizione digitale è tra i principali obiettivi previsti dal Pnrr per favorire la crescita economica. Con particolare riferimento al settore agroalimentare, la transizione digitale mira a migliorare la competitività del sistema e la sua sostenibilità ambientale. Il livello di diffusione della digitalizzazione nel sistema produttivo italiano, pur mostrando dei miglioramenti nel corso degli anni, presenta ancora elevati ritardi rispetto agli altri Paesi europei. Lo strumento mediante il quale la Commissione europea monitora la competitività digitale degli Stati Membri dal 2014 è l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società – Desi. In merito alla digitalizzazione del settore agricolo e nelle zone rurali, che presenta un importante ritardo, sia in termini di infrastruttura che di strumenti utilizzati, un ruolo di primo piano sarà giocato anche dal supporto assicurato dalla stessa Politica agricola comune (Pac), per il periodo 2023-2027.
La nuova Pac si inserisce nel rinnovato quadro delle priorità dell’Ue evidenziando la necessità, per il sistema agroalimentare, di transitare verso modelli produttivi più sostenibili, in coerenza con i documenti strategici sul Green Deal e From Farm to Fork, contribuendo alla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione degli impatti delle attività produttive sull’ambiente.
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Lo spreco alimentare. Ogni anno, un terzo del cibo prodotto nel mondo va perso o sprecato lungo la filiera agro-alimentare. Questi prodotti potrebbero sfamare un numero 2,5 volte superiore agli 811 milioni di persone che nel 2020 hanno sofferto la fame nel mondo. Nei Paesi Ue oltre 40 milioni di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare, accentuata dall’emergenza sanitaria da coronavirus che nel 2020 ha posto oltre una persona su cinque a rischio di povertà. Ogni anno le perdite e gli sprechi di cibo (Food losses and waste – Flw) in Ue rappresentano circa il 20% del cibo prodotto. Il 53% delle Flw avviene nel consumo domestico, il 30% durante la produzione e trasformazione e quasi il 20% nelle fasi della distribuzione/dettaglio/somministrazione.
Nel 2020, in Italia, lo spreco domestico si è ridotto dell’11,8%, ma il valore, pari a 6,4 miliardi di euro, rappresenta comunque un terzo di perdite e sprechi di cibo lungo la filiera. Le perdite nei campi e nella trasformazione, distribuzione e ristorazione ammontano a quasi 3,3 miliardi di euro, un terzo dei quali imputabile al settore primario. I produttori, in particolare, hanno scontato le misure di contenimento per il virus e sono stati costretti a spostarsi, ove possibile, su segmenti di mercato alternativi non sempre facili e immediati da individuare. Nel 2020, secondo i dati Istat, almeno 1,3 milioni di tonnellate di prodotti, pari al 2,4% della produzione agricola, è rimasto nei campi.
di Monica Sozzi