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La fame non sarà sconfitta entro il 2030, perché non riusciamo a cambiare rotta?
Cresce la fame nel mondo, che nel 2021 ha colpito 828 milioni di persone. Clima, conflitti ed economia tra i principali fattori. Le sei trasformazioni necessarie secondo lo “State of Food Security and Nutrition in the World”. 3/8/22
Mancano otto anni al 2030, anno in cui dovrebbero essere raggiunti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) delle Nazioni unite, ma la distanza per centrare molti dei Target previsti dal Goal 2 – “Sconfiggere la fame” aumenta ogni anno. Nonostante gli sforzi, i progressi sono insufficienti di fronte a un contesto difficile e incerto come quello che stiamo vivendo. Lo dice l'edizione 2022 del Rapporto “The State of Food Security and Nutrition in the World” pubblicato a luglio in maniera congiunta dall'Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), dal Fondo delle Nazioni unite per l'infanzia (Unicef), dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite (Wfp) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
La direzione sbagliata. I numeri, evidenzia il documento, dipingono un quadro cupo. Nel 2021, 828 milioni di persone nel mondo sono state colpite dalla fame, 46 milioni in più rispetto al 2020 e 150 milioni in più dal 2019. Nello stesso anno, 2,3 miliardi di persone nel mondo hanno vissuto in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave, con un divario di genere in crescita che ha colpito il 31,9% delle donne rispetto al 27,6% degli uomini. Inoltre, nel 2020 quasi 3,1 miliardi di persone non potevano permettersi una dieta sana, in aumento rispetto al 2019, e due bambini su tre non sono stati nutriti con la dieta minima e diversificata di cui hanno bisogno per crescere e sviluppare al massimo le loro potenzialità.
Uno sguardo al 2030. Guardando al futuro, evidenzia il Rapporto, le proiezioni indicano che nel 2030 quasi 670 milioni di persone nel mondo dovranno ancora affrontare la fame. Un numero simile al 2015, quando è stato lanciato l'obiettivo Onu di porre fine alla fame, all'insicurezza alimentare e alla malnutrizione.
Guerre, numero e intensità di eventi climatici estremi e recessioni economiche sono i principali fattori che impediscono di raggiungere i Target del Goal 2. Negli ultimi dieci anni, questi fattori sono aumentati, minando la sicurezza alimentare e la nutrizione in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito.
L’aumento dei conflitti armati violenti, evidenzia il Report, è accompagnato da un numero crescente di rifugiati e sfollati interni, raddoppiato negli ultimi dieci anni. Il numero di Paesi a basso e medio reddito esposto ad eventi climatici estremi è in costante aumento in termini di intensità e frequenza, passando dal colpire il 76% dei Paesi tra il 2000 e il 2004, al 98% nel periodo 2015-2020. Già prima della pandemia da Covid-19, vari rapporti avevano evidenziato rallentamenti economici e stagnazione in molte economie, portando a un aumento della disoccupazione e a un calo del reddito. Le necessarie misure messe in atto per contenere la pandemia hanno prodotto un contraccolpo economico, mandando in recessione la maggior parte dei Paesi.
Povertà e disuguaglianza sono fattori strutturali che amplificano l'impatto negativo dei conflitti, degli eventi climatici e delle flessioni economiche. Mentre la povertà è diminuita, continua lo studio, la disuguaglianza di reddito, misurata dall'indice di Gini, è rimasta elevata e persistente negli ultimi 20 anni in tutto il mondo.
È bene sottolineare, continua ancora il Rapporto, che nonostante i fattori appena analizzati si presentino separatamente, in realtà interagiscono tra loro e tendono a creare interconnessioni. Ad esempio, un conflitto può devastare la produzione e la crescita economica, causando profonde recessioni economiche. A loro volta, le recessioni economiche spingono l'inflazione, portando a forti aumenti dei prezzi dei generi alimentari che tendono ad esacerbare il rischio di disordini politici.
Riqualificazione delle politiche agricole. Il documento rileva come il sostegno mondiale al settore alimentare e agricolo sia stato in media di quasi 630 miliardi di dollari all'anno tra il 2013 e il 2018. La parte maggiore dei sostentamenti è andata ai singoli agricoltori, attraverso politiche commerciali, di mercato e sussidi fiscali. Tuttavia, continua il Rapporto, gran parte di questo sostegno non solo sta distorcendo il mercato, ma non sta raggiungendo tanti agricoltori, sta danneggiando l'ambiente e non è in grado di promuovere la produzione di cibi nutrienti fondamentali per una dieta sana. Questo perché spesso i sussidi mirano alla produzione di alimenti di base, latticini e altri alimenti di origine animale, soprattutto nei Paesi a reddito medio-alto. Riso, zucchero e carni di vario tipo sono gli alimenti più incentivati in tutto il mondo, mentre frutta e verdura sono meno supportate, in particolare in alcuni Paesi a basso reddito.
Incentivare nutrienti sani. Con le minacce di una recessione globale incombente e le sue implicazioni sulle entrate e sulla spesa pubblica, un modo per sostenere la ripresa economica può consistere nel riproporre il sostegno alimentare e agricolo verso alimenti nutrienti, favorendo un aumento dei consumi pro capite fino ad arrivare ai livelli raccomandati per diete sane. Se i governi utilizzassero le risorse per incentivare la produzione, la fornitura e il consumo di cibi nutrienti, contribuirebbero a rendere le diete sane meno costose, più convenienti ed eque per tutti.
Sei percorsi per trasformare i sistemi alimentari. Il Rapporto suggerisce sei possibili aree di intervento per cambiare i sistemi alimentari, contrastando l’insicurezza alimentare, la malnutrizione e garantendo l'accesso a diete sane e accessibili per tutti, in modo sostenibile e inclusivo.
1) Integrare politiche umanitarie, di sviluppo e di costruzione della pace nelle aree colpite da conflitto.
In condizioni di conflitto, i sistemi alimentari sono spesso gravemente interrotti, mettendo a dura prova l'accesso delle persone a cibi nutrienti. Quando le cause dei conflitti sono legate alla concorrenza per le risorse naturali, compresi i terreni, le foreste, la pesca e le risorse idriche, c’è la possibilità che si verifichino profonde crisi economiche. Le politiche, gli investimenti e le azioni per ridurre l'insicurezza alimentare e la malnutrizione devono essere attuati simultaneamente alle azioni per ridurre i livelli di conflitto, in linea con lo sviluppo socioeconomico e la costruzione della pace.
2) Aumentare la resilienza climatica in tutti i sistemi alimentari.
Il modo in cui produciamo cibo e utilizziamo le nostre risorse naturali può contribuire a creare un futuro positivo per il clima, dove le persone e la natura possano coesistere e prosperare. Questo è importante non solo perché i sistemi alimentari sono influenzati dagli eventi climatici, ma anche perché i sistemi alimentari stessi hanno un impatto sull'ambiente e sono un motore del cambiamento climatico. Proteggere la natura, gestire in modo sostenibile i sistemi di produzione e approvvigionamento alimentare, ripristinare gli ambienti naturali crea resilienza agli shock climatici e garantisce sicurezza alimentare e migliore nutrizione.
3) Rafforzare la resilienza dei più vulnerabili alle avversità economiche.
Come dimostrato dall’esperienza della pandemia da Covid-19, le politiche economiche e sociali, la legislazione e adeguate strutture di governance, continua il Rapporto, dovrebbero essere messe in campo con largo anticipo rispetto ai rallentamenti e alle flessioni economiche, così da contrastare gli effetti al loro arrivo e mantenere l'accesso a cibi nutrienti, soprattutto per i gruppi di popolazione più vulnerabili, comprese donne e bambini.
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4) Intervenire lungo le filiere alimentari per abbassare il costo dei cibi nutrienti.
Gli interventi per aumentare la disponibilità di alimenti sicuri e nutrienti, abbassandone i costi, consente di aumentare l'accessibilità a diete sane. Questo richiede un insieme coerente di politiche, investimenti e normative, dalla produzione al consumo, che migliorino l’efficienza e riducano perdite e sprechi alimentari.
5) Combattere povertà e disuguaglianze strutturali, garantendo interventi a favore di poveri e inclusivi.
Una leva importante per il cambiamento è l'empowerment di gruppi di popolazione poveri e vulnerabili, spesso piccoli proprietari con accesso limitato alle risorse o che vivono in località remote, così come l'empowerment di donne, bambini e giovani, che altrimenti potrebbero essere esclusi. Le misure includono un maggiore accesso alle risorse produttive, compreso l'accesso alle risorse naturali, ai mezzi agricoli e alla tecnologia, alle risorse finanziarie, alla conoscenza e all'istruzione.
6) Rafforzare gli ambienti alimentari e modificare il comportamento dei consumatori per promuovere modelli dietetici con impatti positivi sulla salute umana e sull'ambiente.
Sulla base del contesto specifico del Paese e dei modelli di consumo prevalenti, sono necessarie politiche, leggi e investimenti per creare ambienti alimentari più sani e consentire ai consumatori di perseguire modelli alimentari che siano nutrienti, sani, sicuri e con un minore impatto sull'ambiente.
Una sfida chiave, conclude lo studio, che limita la trasformazione dei sistemi alimentari è che le politiche, le strategie e gli investimenti nazionali, regionali e globali non comunicano tra loro. Servono politiche, investimenti e normative intersettoriali, capaci di coinvolgere tutti gli attori dei sistemi alimentari. Sono necessari meccanismi di governance e istituzioni che facilitino la consultazione tra i settori e le parti interessate. Aumentare la disponibilità di tecnologie, dati e soluzioni innovative è fondamentale per accelerare la trasformazione dei sistemi alimentari verso una maggiore accessibilità di diete sane per tutti, prodotte in modo sostenibile e con una maggiore resilienza ai fattori determinanti.
di Tommaso Tautonico
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