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Lavoro e benessere: Italia ultima in Europa per motivazione dei lavoratori
Secondo il nuovo report Gallup, solo il 6% dei lavoratori italiani si sente coinvolto, contro una media europea del 13% e globale del 21%. Stress e scarsa soddisfazione frenano la crescita. Manager decisivi per invertire la tendenza. 1/9/25
Italiani poco coinvolti e motivati al lavoro. È il quadro che emerge dal Report “State of the Global Workplace 2025” pubblicato da Gallup. Con il 6%, l’Italia è la nazione con la percentuale più bassa del continente e tra le peggiori a livello globale. La maggior parte dei lavoratori italiani rientra nella categoria dei “non coinvolti attivamente”, mentre circa un quinto si colloca tra gli “attivamente disimpegnati”, ovvero coloro che lavorano senza condivisione degli obiettivi aziendali, con un impatto negativo sul clima organizzativo.
La fotografia italiana va letta insieme ad altri indicatori preoccupanti: livelli di stress quotidiano tra i più alti d’Europa, scarsa fiducia nelle opportunità di crescita professionale e insoddisfazione rispetto alla qualità della vita lavorativa. Ne deriva un quadro in cui il lavoro, anziché fonte di benessere, si trasforma spesso in un fattore di malessere individuale e collettivo. Per un Paese che deve affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale, questa situazione rischia di diventare un freno strutturale. Una forza lavoro demotivata, infatti, riduce la capacità di innovare, adattarsi e contribuire a una crescita sostenibile e inclusiva.
Europa: tra eccellenze e fragilità
A livello europeo, il tasso medio di coinvolgimento dei lavoratori si attesta al 13%, un dato inferiore alla media globale (21%) e che nasconde forti squilibri. I Paesi del Nord Europa – come Danimarca, Finlandia e Svezia – registrano livelli più alti di engagement, spesso superiori al 20%, grazie a sistemi di welfare aziendale avanzati, politiche consolidate di conciliazione vita-lavoro e una cultura organizzativa che valorizza la partecipazione dei dipendenti. Nell’Europa meridionale e orientale, invece, il quadro appare molto più critico: in Francia, Grecia, Ungheria e Italia i livelli di motivazione restano bassi, accompagnati da una crescita diffusa dello stress e del burnout.

Fig.1 Sondaggio stress giornaliero
Il Report segnala che quasi un lavoratore europeo su due dichiara di vivere situazioni di tensione quotidiana, con ricadute sulla salute fisica e psicologica. Questa frammentazione interna all’Europa mette in luce la mancanza di una strategia comunitaria sul benessere lavorativo, segnala il documento. Se da un lato l’Unione europea promuove con forza la doppia transizione verde e digitale, dall’altro non sempre collega queste priorità al tema cruciale della qualità del lavoro e del capitale umano.
Nel mondo luci e ombre di una trasformazione in corso
Guardando al resto del mondo, i dati mostrano una tendenza contrastante. Solo il 21% dei lavoratori si dichiara pienamente coinvolto, ma in alcune aree emergono segnali incoraggianti. Stati Uniti e Canada si collocano in testa con un tasso di engagement del 31%, seguiti da America Latina e Asia meridionale con il 26-31%. In questi contesti, politiche aziendali più orientate all’innovazione e alla crescita delle persone hanno favorito un maggiore senso di partecipazione. Al contrario, aree come il Medio Oriente e l’Africa del Nord (14%) o l’Europa (13%) mostrano ritardi persistenti.
L’analisi Gallup sottolinea anche che, a livello globale, il 40% dei lavoratori dichiara di vivere stress quotidiano, il 23% tristezza e il 22% solitudine. L’insoddisfazione è particolarmente diffusa nei settori colpiti da precarietà, trasformazioni tecnologiche e difficoltà post-pandemiche. Eppure, non mancano prospettive positive. Gallup stima che, se le organizzazioni riuscissero ad aumentare il tasso di engagement fino al 70%, l’economia mondiale potrebbe guadagnare fino a 9.600 miliardi di dollari in produttività aggiuntiva, pari a circa il 9% del Pil globale.

Fig.2 Global employee engagement
Le raccomandazioni: formare e sostenere i manager
Il Report individua nel ruolo dei manager la leva decisiva per invertire la tendenza. Oggi solo il 27% dei manager a livello globale si sente realmente coinvolto, e la carenza di formazione è evidente: meno della metà ha ricevuto una preparazione adeguata al proprio ruolo. Alla luce di questi dati, Gallup indica tre azioni prioritarie:
- garantire formazione di base a tutti i manager, per dimezzare i livelli di disimpegno;
- promuovere competenze di coaching, capaci di aumentare fino al 28% le performance manageriali e la motivazione dei team;
- investire nel benessere dei manager stessi, per ridurre burnout e turnover e migliorare l’efficacia delle organizzazioni.
di Tommaso Tautonico
