Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Progetti e iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Gli immigrati in Italia lavorano più dei nativi, ma sono precari e non specializzati

Secondo il nuovo rapporto Ocse-Commissione europea, il 60% degli immigrati residenti in Italia ha un impiego, rispetto al 58% degli italiani, ma svolge un lavoro poco qualificato, temporaneo e che mette a rischio la salute fisica. 18/12/2018

Quali sono le competenze, gli esiti nel mercato del lavoro, le condizioni di vita e il livello di inclusione sociale degli immigrati?

A fare un bilancio internazionale dell’integrazione degli stranieri -  intesa come l’abilità di ottenere gli stessi risultati sociali ed economici dei nativi - è il Rapporto “Settling In 2018. Indicators of Immigrant Integration”, redatto dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) insieme alla Commissione europea. Il dossier, presentato a Marrakech durante la firma del Global Compact, presenta un confronto tra i Paesi dell'Unione europea, dell'Ocse e del G20, prendendo in considerazione le condizioni di vita, l’impegno civico e l’integrazione sociale degli immigrati.

Nel dossier, l’Italia, insieme a Grecia, Portogallo, Spagna e Cipro, fa capo alla lista delle mete di immigrazione recenti, che accolgono soprattutto stranieri provenienti dai Paesi extra-europei, con un’istruzione scarsa o non portata a termine. In questi Paesi di accoglienza, gli stranieri svolgono impieghi poco qualificati, sia per il basso livello di formazione pregressa, sia per il difficile accesso ai posti di lavoro specializzato.

A causa di queste caratteristiche di accesso, gli stranieri registrano spesso alti tassi di impiego, come nel caso italiano, in cui la percentuale di occupazione degli immigrati raggiunge il 60% rispetto al 58% dei nativi, contro una media europea del 67%.

I mestieri ai quali gli immigrati in Italia possono accedere sono poco qualificati, temporanei e mettono a rischio la loro salute fisica, come il lavoro nei cantieri, che impiega un uomo su due, e i servizi di assistenza alla persona e alla famiglia, svolti dalla metà delle donne straniere.

Inoltre, i lavoratori stranieri spesso non accedono a veri e propri contratti, lavorano in nero, rinunciando ai sussidi di disoccupazione e alle tutele previste per i lavoratori, e hanno scarse possibilità di ricevere gli stessi stipendi dei nativi e di uscire dallo stato di povertà relativa, che in Italia raggiunge il 40%: la percentuale più alta dopo la Grecia, ben oltre la media Ocse del 29%.

In Italia, come anche in Norvegia e in Islanda, gli immigrati hanno una possibilità tre volte superiore rispetto ai nativi di essere troppo qualificati per il lavoro che svolgono, evidenziando un fenomeno che riguarda tre milioni di persone in Europa - escluse la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Ungheria dove la manodopera straniera specializzata è molto impiegata - e otto milioni di stranieri nei Paesi dell’Ocse.

Per quanto riguarda i figli degli immigrati di età compresa tra i 15 e i 35 anni, in Italia, Gran Bretagna, Austria e Francia, le donne tendono a essere più occupate degli uomini, contrariamente a ciò che accade in Grecia, Spagna e Paesi Baltici - anche se in Italia la percentuale totale dei figli di stranieri Neet (Not in education, employment or training) raggiunge il 26% contro il 20% dei nativi. Una percentuale al di sopra della media europea che conta 850mila giovani non occupati e non impegnati nella formazione (il 17%), rispetto ai due milioni dei Paesi Ocse.

 

di Viola Brancatella 

martedì 18 dicembre 2018

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