Rapporto 2025 Goal 8 "Lavoro dignitoso e crescita economica"
Italia ancora indietro sul lavoro rispetto all’Europa, Neet in miglioramento
Rapporto ASviS 2025: le crisi geopolitiche minacciano la crescita del Pil. Nel nostro Paese cresce il lavoro stabile, ma resta il disallineamento tra domanda e offerta. Bisogna promuovere una vera transizione generazionale e un’occupazione femminile di qualità.
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Dazi, tensioni geopolitiche, incertezza sul futuro stanno pesando sulla crescita del Pil, con evidenti conseguenze sul mercato del lavoro. Le proiezioni di crescita economica, avverte il Rapporto ASviS 2025 nella sezione dedicata al Goal 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica”, sono state riviste al ribasso. E questo è un problema per i Paesi sviluppati, ma soprattutto per quelli in via di sviluppo.
Secondo il Fondo monetario internazionale, la stima di crescita globale del Pil è del 3,0% nel 2025 e 3,1% nel 2026. In questo contesto, il progresso dei Paesi meno sviluppati (come gli Stati dell’Africa subsahariana, la cui crescita è stimata al 4% nel 2025 e al 4,3% nel 2026) resta ben al di sotto del valore di “almeno il 7%” indicata dal Target 8.1 dell’Agenda 2030.
Molto positiva è invece la riduzione del tasso di disoccupazione, che nel 2024 è arrivata al 5%, anche se il 58% dei lavoratori e delle lavoratrici ha un’occupazione informale. Bassi livelli di produttività e rispetto dei diritti (e delle libertà sindacali) rendono però difficile raggiungere i livelli dignitosi richiesti dall’Agenda 2030.
La quota di lavoratori e lavoratrici in povertà nel mondo si è ridotta dall’8,4% del 2015 al 6,9% nel 2024, ma le differenze regionali restano molto ampie, con il 29,9% degli occupati nei Paesi in via di sviluppo che guadagna meno di 2,15 dollari al giorno. Per rimediare a questo trend, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha richiesto ai governi di adottare strategie sistemiche che regolarizzino il lavoro informale, migliorino i sistemi di protezione sociale, rafforzino l’applicazione dei diritti al lavoro, investano nelle competenze per le economie verdi e digitali. Richieste portate avanti anche in occasione dell’Impegno di Siviglia per la finanza allo sviluppo, il vertice degli Stati Onu (esclusi gli Stati Uniti) nato con l’obiettivo di riformare il sistema finanziario globale.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Le notizie per il nostro Paese non sono molto confortanti. Nel primo trimestre 2025, il tasso di occupazione nella fascia di età 20-64 anni ha raggiunto il 67,5%, con un ulteriore progresso rispetto al primo trimestre 2024 (+1,1 punti percentuali). C’è però un grosso “ma”. Nonostante il trend positivo, il dato italiano resta ancora sette punti percentuali sotto la media europea, con disparità di genere (77,1% dei maschi con un lavoro e 57,9% di donne) e generazionali (15-34 anni 44,2%, 45-54 anni 77,3%) ancora forti.
La crescita occupazionale è trainata dal lavoro stabile, mentre l’occupazione a termine continua a ridursi (sta ora al 10,6%). Ma il tasso di inattività in età 15-64 anni è ancora pari al 32,9% (41,8% per le donne), confermando che una quota di popolazione non lavora e non cerca lavoro.
Contemporaneamente le imprese continuano a registrare una quota significativa di posti vacanti. Secondo i dati Istat, nel primo trimestre del 2025 questo tasso si attestava al 2,55% nel settore delle costruzioni, al 2,0% nei servizi e all’1,6% nell’industria in senso stretto, evidenziando un disallineamento tra domanda e offerta di lavoro a cui l’ASviS dedica ampie sezioni del suo Rapporto.
A questo proposito, il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), promosso dal Ministero del Lavoro e nato per favorire l’incontro tra domanda e offerta, presenta alcune problematiche, nonostante le buone intenzioni. Le offerte di lavoro sono spesso poche o non aggiornate e il coinvolgimento diretto di aziende e società di intermediazione resta ancora limitato. Pur essendo uno strumento valido sul piano teorico, necessita quindi di miglioramenti per essere considerato efficace. Sul fronte delle politiche attive del lavoro, della sicurezza e del coinvolgimento di lavoratori e lavoratrici nelle imprese la situazione non cambia: ci sono alcuni progressi, che però restano insufficienti.
Andando sui dati relativi al raggiungimento dei Target del Goal 8, nel 2024 il composito mostra un leggero aumento rispetto all’anno precedente, dovuto alla riduzione del part-time involontario e della mancata partecipazione al lavoro, a fronte del peggioramento della produttività. Guardando invece all’intero periodo considerato (dal 2010 al 2024), il composito registra un miglioramento di circa sei punti.
Nel periodo 2011-2024 solo una regione peggiora le proprie performance, cinque risultano stabili mentre quindici migliorano. Le differenze tra i territori si riducono tra il 2019 e il 2024, ma sono piuttosto marcate, al punto che il Goal 8 è quello che nel 2024 registra le più alte differenze tra Nord e Mezzogiorno.
Andando sugli obiettivi quantitativi, quello relativo al tasso di disoccupazione registra un miglioramento troppo contenuto per sperare di raggiungere la quota del 78% prefissata dall’Agenda 2030, visto che il valore del 2024 è pari al 67,1%.
Al contrario, la quota di Neet (i 15-24enni che non lavorano e non sono inseriti in un percorso di istruzione o formazione) diminuisce negli ultimi cinque anni a un tasso che, se mantenuto, permetterà all’Italia di raggiungere l’obiettivo del 9% entro il 2030.
LE PROPOSTE
Migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e la transizione generazionale,
coinvolgendo di più le fasce oggi sottoutilizzate come giovani, donne e stranieri.
Promuovere una reale transizione generazionale delle imprese,
anche attraverso meccanismi di staffetta tra senior e giovani, con programmi di tutoraggio e trasferimento delle competenze.
Garantire un investimento strutturale che affronti in modo integrato le criticità del mercato del lavoro italiano,
compresa la dinamica salariale.
Promuovere l’occupazione femminile stabile e di qualità,
mettendo in campo un Piano integrato e sistemico.
Rafforzare l’orientamento delle ragazze
verso percorsi di studio Stem.
Introdurre meccanismi di progressione di carriera
e di accesso al lavoro gender neutral.
Incentivare la formazione per le donne,
particolarmente nei settori in transizione (digitale, green, assistenza alla persona).
E IN EUROPA?
L’Unione europea registra dal 2010 a oggi dei miglioramenti. Il trend positivo è dovuto principalmente alla diminuzione di 4,3 punti percentuali dei Neet e all’aumento del tasso di occupazione (+8,8 punti percentuali). Tutti i 27 Stati europei migliorano la loro situazione. L’Italia presenta però un incremento di soli sette punti e rimane tra gli Stati più distanti dalla media europea. Motivo per cui se l’Europa, nel suo complesso, potrebbe raggiungere un tasso di occupazione pari al 78% (si trova nel 2024 al 75,8%), centrando il Target 8.5 dell’Agenda 2030, l’Italia di questo passo non ci riuscirà.
Un secondo obiettivo europeo stabilisce di ridurre la quota dei Neet al di sotto del 9% entro il 2030. In questo caso l’Italia mostra miglioramenti più significativi di quelli medi europei, essendo al 15,2%. L’Ue si trova all’11,2%, e potrebbe avvicinarsi all’obiettivo senza però raggiungerlo.
