Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Luisa Leonzi
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Il punto di Giovannini

Il deludente primo anno della seconda Commissione von der Leyen

18 dicembre 2025

La Commissione europea, guidata per la seconda volta da Ursula von der Leyen, ha compiuto un anno. Un anno difficile, di lavoro molto intenso, caratterizzato dallo scontro con gli Stati Uniti, non solo sui dazi, ma soprattutto dalla gestione estremamente difficile dei temi della sicurezza e del processo per porre fine alla guerra in Ucraina.

Un anno passato a cercare di rafforzare il ruolo dell'Unione europea sulla scena internazionale, ma anche un anno di insuccessi, non tanto dal punto di vista economico, quanto rispetto agli obiettivi che von der Leyen aveva indicato al Parlamento europeo e sui quali il Parlamento stesso le aveva votato la fiducia. Un anno di lavoro della squadra di Commissari che è stata certamente sottoposta a forti pressioni di varia natura, ma che secondo molti osservatori vede anche la presenza di persone veramente all'altezza della situazione. Un anno in cui la Presidente ha centralizzato gran parte delle attività sui dossier principali con un approccio decisionista che ha reso molte Direzioni generali della Commissione europea un po' insoddisfatte, soprattutto rispetto all’approccio più inclusivo che la prima Commissione von der Leyen aveva sperimentato.

Se andiamo a confrontare le promesse e gli obiettivi che si dovevano raggiungere con quello che è stato fatto dopo un anno, l'insoddisfazione appare abbastanza evidente, anche tenendo conto dello stile dell’amministrazione americana. Per esempio, sulle tematiche ambientali, la Commissione europea ha fatto marcia indietro su vari dossier, non soltanto sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, ma anche sul Regolamento contro la deforestazione e in generale ha fatto passare il messaggio che il Green Deal, benché confermato, contenesse molti errori. Esattamente la narrativa che le forze populiste presenti nel Parlamento europeo, ma anche ampi settori delle lobby economiche, avevano cercato di passare durante la campagna elettorale e successivamente.

Ci sono degli scogli importanti sui temi della politica industriale da affrontare seriamente, per esempio la questione del settore dell'automobile. Si vedrà nei prossimi giorni come la Commissione proverà a coniugare la transizione verso una mobilità più sostenibile con la necessità di sostenere anche sul piano finanziario il settore industriale. Ma non c'è dubbio che uno dei problemi che era stato identificato un anno e mezzo fa dopo l'elezione del Parlamento europeo, e che sostanzialmente non è stato ancora affrontato, è il tema delle riforme istituzionali. Proprio due anni fa il Parlamento europeo aveva votato a maggioranza un pacchetto di riforme per superare il diritto di veto dei singoli Paesi, dare più potere al Parlamento e rafforzare il coinvolgimento dei cittadini, dei territori e della società civile.

Alcune di queste riforme si possono fare “a Trattati vigenti”, quindi senza necessariamente imbarcarsi in un complesso e difficile processo di revisione. Ma di tutto questo non si parla più, se non da parte dei convinti europeisti, anche se proprio in queste settimane c’è una spinta nuova ad andare in quella direzione, rispetto alla quale però la Commissione sembra estremamente prudente, anche perché nel Consiglio europeo la maggioranza dei Paesi membri è governata da coalizioni di centro-destra che non hanno nessuna intenzione di dare più potere all'Europa.

Ecco, questo è il tema cruciale che questo anno di Commissione non ha minimamente provato a scalfire. Vedremo se nel corso del 2026 la situazione cambierà, ma non c'è dubbio che la Commissione europea avrebbe bisogno di riacquistare (o acquistare) quella leadership necessaria per far fare all'Europa il salto di qualità di cui abbiamo urgente bisogno.

giovedì 18 dicembre 2025

Aderenti