Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Rapporto 2024 Goal 13 "Lotta contro il cambiamento climatico"

 

In Italia pochi progressi sul clima, nonostante i cittadini chiedano azioni decise


Rapporto ASviS 2024: il nostro Paese è un hotspot climatico e le emissioni di gas serra non diminuiscono. Legge sul clima, eliminazione dei Sad, mitigazione e adattamento: le raccomandazioni per intervenire sul Goal 13.  

 

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 U
n Goal al giorno 

Dopo le alluvioni che hanno colpito Valencia e Barcellona e gli uragani Helene e Milton che hanno sconquassato l’America, gli effetti catastrofici del surriscaldamento globale – una vera e propria emergenza internazionale – sono sotto gli occhi di tutti. Per questo motivo il Goal 13 “Lotta contro il cambiamento climatico” dell’Agenda 2030 è salito negli ultimi anni al centro del dibattito pubblico, e sarà sempre più centrale nei dibattiti futuri.   

I risultati delle azioni climatiche, a oggi, non sono però molto incoraggianti. Secondo gli studi riportati nel Rapporto ASviS, il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con un aumento della temperatura di circa 1,45 gradi rispetto all’epoca preindustriale. Gli effetti sono evidenti: ondate di calore, alluvioni, siccità, incendi, che nel decennio 2013-2022 si sono manifestati con un +69% rispetto al decennio precedente. Nel frattempo, le emissioni di gas serra continuano a crescere: hanno raggiunto nel 2022 il record di 57,4 gigatonnellate di CO2.

L’allarmante situazione trova un riflesso nell’opinione pubblica mondiale: secondo un sondaggio Undp-Università di Oxford su 77 Paesi pubblicato a luglio 2024, il 56% degli intervistati pensa al cambiamento climatico giornalmente o almeno una volta a settimana e il 53% è più preoccupato dell’anno scorso (71% nelle piccole isole), mentre quattro persone su cinque chiedono un’azione più decisa nel proprio Paese.

Anche gli italiani, sempre più consapevoli dei gravi impatti ambientali, economici e sociali legati alla crisi climatica, chiedono misure più efficaci per affrontarla. In particolare, secondo il sondaggio Undp-Università di Oxford, il 93% dei rispondenti ritiene che l’Italia debba rafforzare i propri impegni per affrontare il cambiamento climatico.

Comprensibile, dato che l’Europa si riscalda a quasi il doppio della media globale e che l’Italia è al centro dell’hotspot climatico (ovvero quelle aree del Pianeta dove il global warming corre più veloce rispetto ad altre zone) del Mediterraneo. Sempre nel nostro Paese, nel 2022 sono morte oltre 18mila persone per cause riconducibili alle ondate di calore estive: un terzo delle circa 60mila registrate nell’Ue.

Secondo l’ASviS, l’Italia non ha compiuto progressi confortanti nel raggiungimento del Goal 13. Se a partire dal 2010 le emissioni sono diminuite, sia sul breve che sul lungo periodo questa diminuzione non è sufficiente a raggiungere l’obiettivo (ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti entro il 2030 del 55%, rispetto al 1990) entro fine decade. In aggiunta, dopo la flessione del 2020 (collegata alla pandemia), le emissioni degli ultimi due anni sono tornate ai livelli del 2018, dimostrando una generale assenza di progressi.

Il cambiamento climatico, è importante ricordarlo, produce effetti devastanti sulle attività umane. Si stima ad esempio che la superficie dell’Italia affetta da siccità sia aumentata a velocità crescente a partire dal 2000, con riduzioni della disponibilità di acqua potabile, peggioramenti delle condizioni igieniche, effetti negativi sulla produttività dell’agricoltura e maggiori rischi di incendi. Per non parlare della salute. Oltre alle già citate morti per il caldo estremo, il surriscaldamento globale influenza anche la qualità dell’aria, provoca cambiamenti nella distribuzione spaziale di flora e fauna, riduce la biodiversità.

 

 

Tra il 2010 e il 2022* il Goal 13 migliora leggermente

grazie a una diminuzione delle emissioni

di gas serra pro capite, ma non in misura sufficiente

per raggiungere gli obiettivi al 2030 di riduzione

del 55% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990. 

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*il dato per il 2023 non è disponibile

Le attuali politiche nazionali in materia climatica non risultano sufficienti ad affrontare il problema. Come già ricordato nell’approfondimento sul Goal 7, la versione finale (giugno 2024) del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) non appare all’altezza delle sfide climatiche. Anche il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) manca di un’attuazione efficace, per la quale sarebbe necessario il completamento dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, organo centrale per l’implementazione del Piano.

Nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, documento ministeriale previsto dalle nuove regole europee di riforma della governance, l’ASviS registra l’assenza di una visione chiara su come realizzare una strategia industriale adeguata a perseguire gli obiettivi della duplice transizione. Ad esempio, il Piano non considera, di fatto, il Regolamento europeo per l’industria net zero, che prevede precisi obiettivi al 2030 e misure di sostegno all’industria per la transizione ecologica. Analogamente, non si trovano riferimenti al Piano sociale per il clima che l’Italia dovrebbe presentare a metà 2025.

Inoltre, nel Piano non appaiono chiaramente indicate misure finalizzate ad agevolare la convergenza tra decarbonizzazione e competitività, né si trova traccia dell’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e della loro trasformazione in sussidi ambientalmente favorevoli (Saf), nonostante lo stesso G7 a presidenza italiana abbia richiesto ai singoli Paesi di procedere in questa direzione entro il 2025.

Mancano poi informazioni approfondite sulle azioni per affrontare tematiche rilevanti per il nostro Paese, come la riduzione dell’inquinamento dell’aria e la risposta ai cambiamenti climatici. Viene menzionata solo l’estensione dell’obbligo assicurativo contro i danni climatici, scaricando lo Stato delle responsabilità di mitigazione e adattamento e non tenendo conto, tra l’altro, che alcune situazioni di particolare vulnerabilità potrebbero non essere assicurabili.

 LE PROPOSTE 

Approvare in tempi brevi una Legge sul clima

per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale assicurando la continuità delle politiche negli anni, nonché ridurre la probabilità che nuove norme vengano impugnate perché in contrasto con la Costituzione emendata nel 2022. 

Investire su politiche di mitigazione e adattamento,

per prepararsi a un futuro caratterizzato da eventi climatici estremi.  

Dare piena attuazione al Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

(Pnacc), anche attraverso il completamento dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Sancire l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050,

come deciso anche a livello di Unione europea, e definire target intermedi al 2030 e 2040 non inferiori agli impegni internazionali ed europei.

Istituire un Consiglio scientifico per il clima

di esperte ed esperti indipendenti che operi con il supporto tecnico delle agenzie esistenti, assista i decisori pubblici e monitori i risultati politici ottenuti.

Definire il percorso temporale per eliminare i sussidi ambientalmente dannosi

(Sad) e gli altri benefici pubblici che, rallentando l’uscita dai combustibili fossili, danneggiano l’ambiente e la salute umana. 

 E IN EUROPA? 

L’indice composito europeo relativo alla lotta contro il cambiamento climatico mostra variazioni contenute e discontinue tra il 2010 e il 2022. Tenendo conto che l’obiettivo Ue è quello di ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), se la tendenza di lungo periodo proseguisse negli anni futuri non si riuscirebbe a raggiungere l’obiettivo, ma se l’Ue mantenesse il ritmo di riduzione delle emissioni registrato nel periodo più breve e recente (2017-2022) verrebbe raggiunto. L’Italia si classifica solo leggermente al di sopra della media europea, 11esima su 28 Stati Ue.

Negli orientamenti politici della nuova commissione von der Leyen la lotta al cambiamento climatico è un tema centrale: bisognerà però attuare le politiche il più in fretta possibile per evitare lo scenario peggiore.

a cura di Flavio Natale

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